Il tentato omicidio a Colle Pedrino
«A sparare furono i calabresi»

«Conosco le quattro persone che hanno sparato a Paolo Vastarella. Sono calabresi, gente che non scherza».Così parlò Salvatore «Sasà» Di Marco, in carcere dal novembre 2012 per il tentato omicidio di un venditore d’auto in una cava Italcementi di Colle Pedrino.

«Conosco le quattro persone che hanno sparato a Paolo Vastarella. Sono calabresi, gente che non scherza. Ma non voglio dire i nomi, ho paura per me e per la mia famiglia: non voglio fare la sua stessa fine, avete capito signori giudici?».

Sono la drastica scelta di un uomo davvero spaventato o la recita di un imputato in cerca di una scappatoia alle sue presunte malefatte?

Così parlò Salvatore «Sasà» Di Marco - origini calabresi, nato in Germania 43 anni fa, residente a Pontirolo - in carcere dal novembre 2012 per il tentato omicidio di un venditore d’auto miracolosamente scampato a tre proiettili nella nuca, esplosi nella cava Italcementi di Colle Pedrino, Palazzago, il 19 luglio di 4 anni fa.

L’imputato ha ricostruito quel 19 luglio passato insieme all’amico. «L’ho accompagnato a ritirare una Fiat Palio in una concessionaria di Desenzano del Garda - ha raccontato -. Era uno dei suoi soliti “pacchi”. Ci siamo incontrati nei pressi del casello autostradale di Capriate e siamo andati con la sua Chrysler Pt Cruiser. Al ritorno, io guidavo l’auto nuova, Vastarella la sua. Quando siamo tornati al casello di Capriate, lui si è incontrato con quattro persone. Ho visto che discutevano animatamente. Quei 4 li conosco, ma non voglio dire i loro nomi perché ho paura per me e la mia famiglia. Li conosco perché frequentavano il mio stesso bar e in paese sanno che è gente che non scherza. Io sono rimasto in auto, fino a che non si è fatto avanti uno di quelli e, puntandomi la pistola alla testa, mi ha detto: “Oggi sei fortunato, ma da queste parti non ti vogliamo più vedere”. Sono sceso dalla Fiat e ho raggiunto la moto su cui ero arrivato e che avevo parcheggiato nelle vicinanze. Non so nemmeno io dove sono andato, ero terrorizzato. Ho visto che l’uomo che mi aveva minacciato saliva sulla Fiat e che gli altri tre con Vastarella ripartivano sulla Pt Cruiser. Che fine avesse fatto Paolo l’ho saputo leggendo i giornali qualche giorno dopo».

Per saperne di più leggi L’Eco di Bergamo del 29 gennaio

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