Cronaca / Hinterland
Sabato 16 Novembre 2013
Il racconto: «Sei ore di paura
mentre il tifone distruggeva tutto»
È al sicuro in macchina con i suoi familiari Laura Brambilla di Dalmine, quando ripercorre per la prima volta gli ultimi giorni passati nelle Filippine. «Là è un disastro», sono queste le prime parole che pronuncia tra le braccia del marito e dei figli.
È al sicuro in macchina con i suoi familiari Laura Brambilla di Dalmine, quando ripercorre per la prima volta gli ultimi giorni passati nelle Filippine. «Là è un disastro», sono queste le prime parole che pronuncia tra le braccia del marito e dei figli, andati a prenderla all’aeroporto di Malpensa nella mattinata di venerdì 15 novembre.
Laura e la sorella Maria Grazia, di Aicurzio nel Milanese, arrivano da Sulangan, una piccola cittadina a circa 20 minuti da Guiuan, nelle Filippine orientali, una tra le zone più colpite dal super tifone Haiyan della scorsa settimana. Stanno entrambe bene, ma se la sono vista veramente brutta. Sono partite dall’Italia alla fine di ottobre per far visita al fratello Gian Pietro, che nelle Filippine risiede da sette anni, si è costruito una famiglia e gestisce un piccolo resort sulla spiaggia.
Sono salvi perché i muri del piccolo albergo sul mar di Samar di proprietà di Gian Pietro hanno retto, ma intorno a loro si trovano solo devastazione e macerie. «Le prime avvisaglie del tifone sono arrivate alle 3 di notte circa, ma è dalle 4 che ha esploso tutta la potenza continuando per più di 6 ore, si aveva la sensazione che non dovesse finire più».
È serena Laura quando racconta quei momenti, la paura sembra passata, e nonostante i quasi quattro giorni di viaggio la stanchezza non sembra avere la meglio: «All’inizio io e Graziella (è il soprannome di Maria Grazia, ndr) eravamo nelle stanze al primo piano, avevamo passato tutto il giorno a rinforzare porte e finestre con sacchi di sabbia, ma nel momento in cui il tifone ha cominciato ad intensificarsi abbiamo preferito scendere al piano di sotto».
«Man mano che il tempo passava - prosegue - metà tetto è volato via, le stanze si sono allagate, i vetri sono andati in frantumi e la corrente è saltata, continuavamo a sentire rumori di cose rotte e ci chiedevamo se i muri avrebbero retto. Senza parte del tetto né finestre, l’acqua piovana è filtrata dappertutto e per giorni in casa non c’è più stata una cosa asciutta. Solo il santino di Papa Giovanni sulla mensola della libreria è rimasto dov’era. Qualcuno di certo ha guardato giù».
Leggi le due pagine dedicate all’argomento su L’Eco di sabato 16 novembre
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