Cronaca
Martedì 25 Luglio 2017
Il piccolo Charlie ha perso la sua battaglia
«È tempo che stia con gli angeli»
Charlie Gard ha perso la sua battaglia, la spina delle macchine che ne hanno finora tenuto in vita il corpicino prostrato da una rara sindrome degenerativa può essere staccata.
Gli ultimi ad arrendersi, in lacrime di fronte a Nicholas Francis, giudice dell’Alta Corte di Londra, sono stati la sua mamma e il suo papà, Connie e Chris, non senza lanciare uno straziato ’j’accusè finale ai medici del Great Ormond Street Hospital e alla giustizia britannica per aver scelto al posto loro di dire basta già 5 mesi fa innescando un contenzioso legale che potrebbe aver consumato il fattore tempo.
“La finestra di opportunità», l’ha chiamata l’avvocato Grant Armstrong, a cui la coppia - col conforto di alcuni specialisti stranieri - si sarebbe voluta aggrappare per tentare la terapia alternativa che il neurologo Michio Hirano sta sperimentando in fase embrionale alla Columbia University di New York. E che a un altro stadio della malattia, sospettano i Gard, avrebbe potuto magari offrire una pur piccola chance.
Il finale triste, forse scontato, di una vicenda che ha commosso il mondo e ha diviso le coscienze é andato in scena in un’anonima aula di tribunale. «Non c’é più tempo», ha alzato bandiera bianca il legale di famiglia, denunciando l’attimo fuggente perduto, a suo dire, negli ultimi mesi. «Le peggiori paure dei genitori - ha incalzato - sono state confermate. Ora è troppo tardi per curare Charlie». Il suggello al ’non c’é più nulla da farè é del resto arrivato dallo stesso Hirano, giunto a Londra fidando di poter dare almeno un 10% di possibilità di miglioramento al piccolo, ma costretto infine a fare un passo indietro per l’aggravamento dei danni cerebrali rivelato da una nuova risonanza magnetica una settimana fa. Una ’sentenzà che i dottori inglesi del Great Ormond (Gosh) avevano emesso già a marzo chiedendo e ottenendo parere favorevole a ’staccare la spinà, contro il volere della famiglia, tanto dalla giustizia del Regno quanto dalla Corte Europea dei Diritti Umani. Oggi la direzione sanitaria si é inchinata al «coraggio» di Charlie, Connie e Chris, accantonando finalmente le polemiche sfociate nel week end addirittura in una denuncia alla polizia contro ignoti per insulti online e presunte minacce di morte allo staff ospedaliero. Mentre attivisti del cosiddetto ’Charliès Army’ non hanno risparmiato qualche (pacifica) protesta dinanzi alla Corte al grido di «vergogna» nei confronti di medici e giudice. «Dire addio al mio piccolo bel bambino é la cosa più dura che mi potesse capitare», ha mormorato invece la mamma fuori dall’aula trattenendo i singhiozzi, «volevamo solo dargli una chance di vivere, invece s’é perso tanto di quel tempo». Quindi, rivolgendosi direttamente a Charlie, a quel bimbo di 11 mesi dai capelli biondi adottato idealmente da milioni di persone nel suo lettino d’ospedale con la tutina blu, la scimmietta di peluche e gli odiosi tubicini collegati al naso, Connie é crollata: «Ci dispiace non essere riusciti a salvarti».
Un dolore senza rimedio, condiviso con il marito. Occhi lucidi e volto scavato, anche lui ha avuto parole di rammarico, prima di cercare di dare un senso a qualcosa che non sembra averne. «Charlie é stato un guerriero assoluto, non potremmo essere più fieri di lui», ha scandito annunciando di sperare di poter creare ora una fondazione a suo nome, utilizzando anche il milione e 300mila sterline frutto della raccolta popolare promossa sul web quando ancora si pensava all’ipotetico trasferimento negli Usa (proibitivo per le tasche dei Gard) e alla terapia ai nucleosidi del professor Hirano. Denaro che, chissà, potrà servire ad altri. Perché Charlie, ha inghiottito papà Chris, «non arriverà al suo primo compleanno, fra due settimane. E’ tempo che vada e che stia con gli angeli».
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