Cronaca
Venerdì 21 Ottobre 2005
Il pane di Bergamo? Tra i più cari d’Italia
La media è di 2,80 euro al chilo, superata solo da Milano con 2,91. E se ne compra sempre meno Rivendite in picchiata: nel 1990 erano 800, oggi sono 480. Extracomunitari il 10% degli addetti
Una volta era uno dei termometri del disagio sociale, e spesso l’assalto ai forni era il «biglietto da visita» di una rivoluzione. Oggi il pane resta un simbolo dell’alimentazione, ma è circondato da un «mare» di cracker, grissini, pizzette e fette biscottate.
Però continua a costare parecchio, tanto che, secondo cifre Aspan, l’associazione che raggruppa il quasi mezzo migliaio di panificatori della provincia, la nostra città si conferma tra le più care anche su questo fronte. Se infatti Milano con 2,91 euro per un chilo detiene il record del prezzo del pane più caro d’Italia, Bergamo la segue a ruota con 2,80 euro al chilo, superando anche Genova (2,78) e staccando nettamente Torino (2,28), Roma (1,96) e Napoli (1,50).
Oltre al prezzo base ci sono poi punte che superano i 4 euro per le tipologie più elaborate e con il rischio di veder schizzare ancora più in su i costi entro Natale. A Milano c’è già chi parla di pane a 5 euro, anche se i panificatori bergamaschi frenano: «Da noi, se ci sarà un ritocco, arriverà al massimo a 15 centesimi di più al chilo».
Quello del panettiere è un mestiere in profonda trasformazione, entrato in crisi con il boom dei supermercati e il benessere «nemico» delle levatacce notturne: «I nostri giovani - spiega il presidente provinciale Aspan Roberto Capello - fanno sempre più fatica ad accettare questo modello, così sono arrivati gli extracomunitari, nordafricani e indiani soprattutto, che ormai rappresentano quasi il 10% della forza lavoro». Da quattro anni esiste persino un corso a cura dell’Aspan all’interno del carcere di Bergamo che ogni anno forma una ventina di detenuti, alcuni già entrati nel ciclo produttivo. Rispetto ai proclami dei panettieri milanesi, pronti a nuovi rincari se il Comune non li esenterà dall’Ici, i colleghi bergamaschi sono perplessi: «Ci sembra una provocazione, noi andiamo avanti senza strappi, anche se la deregulation dei prezzi non agevola azioni al ribasso».
Certo è un dato di fatto che a Bergamo si compri meno pane. «Vero - dichiara Capello - in tanti fanno ormai una scorta un paio di volte alla settimana e ne congelano buona parte». C’è poi la feroce concorrenza dei supermercati e così, spiegano all’Aspan, «è crollato il numero di panetterie: 15 anni fa erano 800, oggi sono 480, parecchie chiusure annue e poche nuove aperture».
(21/10/2005)
© RIPRODUZIONE RISERVATA