Cronaca
Lunedì 26 Settembre 2016
Il Canton Ticino vuole meno stranieri
A «rischio» 2 mila lavoratori bergamaschi
Secondo l’ente Bergamaschi nel mondo, sarebbero almeno duemila i «frontalieri» bergamaschi, lavoratori cioè che settimanalmente, se non quotidianamente, raggiungono il Canton Ticino per esercitare una qualsiasi professione: camerieri e muratori, per lo più, ma anche impiegati, tecnici, commessi...
Saranno presto tra le prime vittime del referendum che i vicini svizzeri hanno approvato e che prevede limitazioni serie all’ingresso di stranieri. Fermo restando che la decisione finale spetta al governo centrale svizzero. «La “scelta anti-italiana” del Ticino non risponde a una scelta razionale ma emotiva ed ideologica, l’ideologia della chiusura nazionalista, dei muri contro lo straniero a prescindere», dice un preoccupato Giacomo Meloni, segretario provinciale della Cisl di Bergamo. «Tra l’altro - insiste - una scelta antistorica. Ogni anno cresce il numero degli italiani che fanno le valigie e si trasferiscono all’estero».
Nel 2014 gli espatri sono stati 101.297, con una crescita del 7,6% rispetto al 2013. Ad andarsene sono stati in prevalenza uomini, il 56%, per lo più non sposati, il 59,1%, tra i 18 e i 34 anni, il 35,8%. Sono partiti soprattutto dal Nord Italia e per 14.270 di loro la meta preferita è stata la Germania; a seguire il Regno Unito dove si sono trasferiti in 13.425.Tra le mete preferite dagli italiani, la Svizzera scelta da 11.092 emigranti, «Nell’era della globalizzazione - conclude Meloni - quelle contro i frontalieri sono iniziative che appaiono antistoriche oltre che sbagliate, e registrano il sintomo di un clima molto negativo».
«Contro il risultato referendario, gravano almeno due fatti: il voto non ha al momento effetti pratici per i frontalieri e come ammesso da molte imprese svizzere, senza i frontalieri, anche bergamaschi, la loro professionalità e qualifica, il sistema manifatturiero, la sanità, il commercio chiuderebbero e l’economia Svizzera non sarebbe in grado di mantenere i livelli attuali».
«Non si può, come taluni sostengono anche in Italia, fare leva sulla paura dell’altro, su un nemico facile da individuare, che in questo caso sono i lavoratori italiani».
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