Il 42enne morto per annegamento
Un giallo come sia potuto cadere

Morte per annegamento. È questo il primo, ufficioso responso dell’autopsia compiuta mercoledì 6 agosto sul corpo di Andrea Vigani, l’impiegato quarantaduenne di Gorlago trovato senza vita martedì in riva al Cherio a Zandobbio.

Morte per annegamento. È questo il primo, ufficioso responso dell’autopsia compiuta mercoledì 6 agosto sul corpo di Andrea Vigani, l’impiegato quarantaduenne di Gorlago trovato senza vita martedì in riva al Cherio a Zandobbio, semisommerso in pochi centimetri di acqua.

E la vicenda potrebbe assumere i contorni della tragica, quasi assurda, fatalità, se i risultati definitivi - che il medico legale si è ripromesso di consegnare in autunno al pm Gianluigi Dettori - confermassero una delle ipotesi compatibili con la dinamica del decesso.

L’uomo sarebbe precipitato dalla sponda per circa due metri e avrebbe battuto il ventre sul basamento dell’argine prima di finire con la parte superiore del corpo in pochi centimetri d’acqua. Il colpo avrebbe provocato una profonda e involontaria inspirazione, attraverso la quale Vigani avrebbe ingurgitato una quantità d’acqua tale da intasargli i polmoni. E così, il quarantaduenne potrebbe essere morto quasi all’istante.

Una seconda ipotesi vuole che, dopo essere precipitato da un’altezza di due metri, l’impiegato abbia battuto la fronte sui ciotoli del letto del fiume, perdendo i sensi: e con la faccia immersa nell’acqua (anche se in quel punto alta non più di una quindicina di centimetri) non ha avuto scampo. Che cosa abbia provocato la caduta è un dettaglio sul quale si sta ancora cercando di far luce.

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