Cronaca / Bergamo Città
Sabato 23 Agosto 2014
I 600 pellegrini oggi a San Pietro
Il vescovo: «Libertà e responsabilità»
Oggi, sabato 23 agosto, il pellegrinaggio dei giovani arriva a Roma, diritto in San Pietro da Formello, ultima tappa prima della capitale. I seicento ci sono arrivati ieri pomeriggio, dopo una giornata di cammino aperta dalla Messa mattutina al campo prima di lasciare Nepi.
Oggi, sabato 23 agosto, il pellegrinaggio dei giovani arriva a Roma, diritto in San Pietro da Formello, ultima tappa prima della capitale. I seicento ci sono arrivati venerdì 22, dopo una giornata di cammino aperta dalla Messa mattutina al campo prima di lasciare Nepi, dove erano stati accolti con calore dal vescovo, monsignor Romano Rossi, che non ha nascosto la commozione quando gli alpini hanno cantato nella cattedrale «Signore delle cime».
Nel campo di calcio, l’altare è allestito davanti alla porta; sotto il sole tutti tengono in testa il cappellone. Il vescovo parla dell’«intensità di amicizia nata in questi giorni, che si manifesta con segni bellissimi di attenzione reciproca». Si avvicina la conclusione del pellegrinaggio e il messaggio a questi giovani adulti, sulle parole della liturgia, è particolarmente forte: che cosa significa essere re e regine della propria vita? «Nessuno deve battere i cristiani nell’avere cara la libertà, la nostra e quella di chi soffre ogni tipo di schiavitù: quanti popoli vediamo in questi giorni soffrire? Unita alla libertà - continua il vescovo - è la responsabilità verso sé e gli altri, nessun moralismo, solo il rendere possibile che ciascuno goda della considerazione dell’altro, perché questo rende libera la gente».
Il silenzio è attento, ascoltano i quaranta sacerdoti, i ragazzi arrivati da altri continenti, i giovani che rappresentano una sessantina di comunità. Regalità è anche «la competenza necessaria a far bene le cose: è una testimonianza importante». Sullo sfondo, sopra le teste, si vedono gli alpini (il più giovane è Simone Paganelli di Bottanuco) smontare e caricare per l’ennesima volta, senza un gesto di troppo. Spiega Beschi: «Se sono schiavo faccio quel che devo per obbligo, se sono re, scelgo il servizio per crescere insieme agli altri».
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