Gli ultrà e l’associazione a delinquere
«Abbiamo voglia di picchiarci e basta»

La Cassazione: il gup, prosciogliendo i 7 imputati di associazione per delinquere, è andata oltre le proprie competenze, con argomenti che, tra l’altro, contengono contraddizioni.

Sono sostanzialmente questi i punti cardine delle motivazioni della sentenza con cui la Cassazione a novembre ha annullato il verdetto del 28 febbraio 2014, in virtù del quale furono dichiarati estranei all’associazione per delinquere il politico-tifoso Daniele Belotti (concorso esterno) e sei ultrà atalantini, già imputati nel processone che si sta celebrando in tribunale per una serie di disordini a cui il sodalizio sarebbe per l’accusa finalizzato: il leader della Nord Claudio Galimberti (Bocia), Andrea Piconese (Pico), Luca Valota (Leù), Davide Pasini (Paso), Andrea Quadri (Rasta), Giuliano Cotenni (Conte).

Questo non vuol dire che l’associazione per delinquere è automaticamente riconosciuta. La Suprema corte rimette però in circolo il reato. Il fascicolo tornerà ora a un altro giudice preliminare, il quale ha davanti due strade: dichiarare nuovamente il non luogo a procedere, oppure (più probabile, visto il recente pronunciamento degli «ermellini») disporre il rinvio a giudizio per i sette indagati.

Il gup Patrizia Ingrascì non aveva riconosciuto i tre fondamenti tipici del sodalizio criminale: il vincolo associativo tendenzialmente permanente, un programma criminoso indeterminato e una struttura organizzativa. La Cassazione bacchetta Ingrascì, scrivendo che «il gup non deve prosciogliere l’imputato in base a una valutazione prognostica dell’esito dibattimentale, ma soltanto quando ritenga la situazione di innocenza non superabile in dibattimento dall’acquisizione di nuove prove o da una diversa e possibile rivalutazione delle prove già acquisite». «Noi abbiamo voglia di picchiarci e basta». È una delle frasi intercettate a Claudio Galimberti, Bocia, e citate dai giudici della Cassazione per ribaltare la decisione del gup.

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