Cronaca
Martedì 08 Dicembre 2015
Giubileo, la porta è aperta
ma il cuore lo è di più
I l Papa corre. Provato nelle gambe, con andatura scomposta, corre e ci precede. E giunto ad un traguardo, ci rivela che si tratta di una tappa e continua la sua corsa. Camminando si apre il cammino, e lui apre la porta e la via.
Perché corre? E dove corre? Corre perché il Vangelo corre, corre verso il traguardo del cuore d’ogni persona umana, con la stessa premura con cui Gesù ha percorso la sua terra; corre come le donne della Risurrezione, come l’apostolo Paolo …. Corre come la misericordia, che non può aspettare e non può far aspettare.
Ci sono personaggi e narrazioni che segnano l’anima. Tra questi, per me, l’Abbè Pierre. Francese doc, eroe nazionale, frate degli straccioni, aveva imparato da suo padre il servizio accurato ai poveri, e dalle tragedie della vita la premura della vicinanza: chi soffre non può aspettare. Lo aveva imparato, con lezione severa, il giorno che, rimandando una richiesta d’aiuto, arrivò quando la persona che lo aveva chiamato si era già tolta la vita.
Il povero, il malato, il peccatore, l’uomo che grida e quello che tace, ammutolito nella prova, nel peccato, nel fallimento non possono aspettare.
Il Papa corre, perchè il Vangelo non può aspettare, perché abbiamo bisogno di misericordia, perché l’ingiustizia, l’odio, la violenza, la disperazione corrono. E allora bando alle resistenze, alle pigrizie, alle paure. Dinanzi a scenari in cui tutto possiamo vedere, meno che misericordia, decidiamoci ad accogliere l’annuncio e il dono di Dio che non si è stancato e non si stanca di amarci e perdonarci. Scopriamo la potenza rigeneratrice dell’amore di Gesù Cristo e una volta che vi abbiamo creduto, narriamola con la nostra esistenza misericordiosa. Mettiamo in conto che la misericordia non si merita e non si compera: si dona e si riceve, si offre e si accoglie.
La misericordia precede ogni conversione e la suscita: la vicinanza, l’aiuto, il perdono sono «regali», non premi. Non se ne può approfittare perché svanirebbero dalle nostre mani. Si può imbrogliare un giudice, un mercante o un cliente, ma non colui che ama. Tragicamente stiamo imbrogliando solo noi stessi. Dio non ha paura che approfittiamo del suo amore, ma soffre per la nostra incomprensione. Il Papa ha proclamato un anno di misericordia perché l’uomo contemporaneo ha bisogno soprattutto di questa. La drammaticità degli eventi di questi ultimi mesi non cancella la misericordia dall’orizzonte della Storia, ma ne esige una più coraggiosa declinazione.
Lo abbiamo visto e udito nelle parole e nei gesti audaci e coraggiosi, delicati e forti, del viaggio in Africa e della straordinaria apertura della Porta della Misericordia della Cattedrale di Bangui, in Centrafrica. In un antico monastero benedettino ho visto inciso sull’architrave dell’ingresso una frase latina: «Porta patet sed cor magis», «la porta è aperta, ma il cuore di più». Questo è l’augurio significativo e paterno che vorrei rivolgere a tutte le donne e gli uomini di buona volontà, capaci di carità, di amore, di speranza, di misericordia.
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