Cronaca
Lunedì 25 Aprile 2016
Giornata mondiale contro la malaria
Cosa fare se si viaggia nelle zone a rischio
L’Organizzazione Mondiale della Sanità si era data come obiettivo la riduzione del 70% dei casi di malaria nel mondo per il 2015. I programmi e le strategie messe in atto hanno ottenuto buoni risultati con la riduzione del 75% dei casi in 57 paesi dove la malaria è diffusa.
I dati arrivano proprop il 25 aprile, Giornata mondiale contro la malaria. Tuttavia, le più recenti stime indicano che la malaria ancora oggi, nonostante importanti aiuti economici, in particolare dalla Bill and Melinda Gates Foundation, causa 214 milioni di nuove infezioni all’anno con 438.000 morti accertati nel 2015. Occorre quindi perseguire continue strategie di prevenzione, diffondere tali tecniche nei Paesi più poveri ed estendere l’interesse, la vigilanza e le capacità di diagnosi nei Paesi potenzialmente meno a rischio soprattutto sui flussi di ritorno dalle aree a maggiore diffusione.
È questo il messaggio che AMCLI – Associazione microbiologi clinici italiani lancia in occasione della Giornata mondiale contro la malaria che si celebra il 25 aprile prossimo. Le aree più colpite sono i paesi dell’Africa Sub-Sahariana con il 90% dei decessi, seguite da alcuni paesi del Sud Est Asiatico con il 7% e le aree del Mediterraneo orientale con il 2%.
«Grazie agli interventi messi in atto dall’OMS dal 2000 si è ridotto il numero di decessi del 72% nelle Regione del Centro e Sud America, del 65% nell’Area del Pacifico occidentale, del 64% nei paesi del Mediterraneo orientale e del 49% nel Sud est Asiatico. Per la prima volta nel 2015 non si sono avuti casi autoctoni nei paesi Europei» ha ricordato Annibale Raglio, responsabile Controllo Infezioni Ospedaliere, ASST Papa Giovanni XXIII, Bergamo e Coordinatore Comitato di Studio della Parassitologia dell’AMCLI. Nelle aree dove la malaria è diffusa, sono i bambini sotto i 5 anni che rischiano di più: 309.000 bambini sono morti nel 2015 e la maggior parte, 292.000, nell’area Africana.
Dal 2000 al 2015, la strategia OMS basata sulla diffusione delle zanzariere da letto impregnate con insetticida e con lo spray dell’anti-zanzare nelle case ha portato a una riduzione del 71% della mortalità fra i bambini sotto i 5 anni in Africa. L’OMS con la Global Technical Strategy for Malaria 2016-2030 si prefigge di eradicare la malaria da altri 35 paesi e di ridurre il numero di morti e di nuovi casi del 90%; obiettivo al cui raggiungimento si stima occorrano investimenti . per 8,7 miliardi di USD.
«Noi italiani, come tutti gli europei, rischiamo la malaria solo quando ci rechiamo in zone a rischio per vacanza o per lavoro o per attività di volontariato. È fondamentale rivolgersi ai centri specializzati e seguire le indicazioni date da siti internet».
Per un viaggio in aree a rischio è fondamentale conoscere le precauzioni per diminuire il contatto con le zanzare vettore della malaria e definire con il medico di riferimento quale sia la profilassi farmacologica più corretta. È utile evitare il fai da te o seguire i consigli di chi è già stato in certe aree. Chi vive per almeno 5 anni in aree dove la malaria è diffusa (missionari, volontari o lavoratori o gli stessi immigrati) può acquisire un stato di semi-immunità che comporta una diminuzione del rischio di evoluzione grave della malattia. Va ricordato che questa “difesa” viene persa dopo pochi mesi (massimo 1-2 anni) di residenza in area dove la malaria non esiste e quindi chi ritiene di essere semi-protetto quando ritorna in aree endemiche deve applicare le stesse indicazioni date in precedenza. Se dopo il rientro dal viaggio da aree a rischio, anche se si sono adottate le misure di prevenzione e profilassi adeguate, si dovessero avere sintomi simil-influenzali con febbre e brividi è importante non perdere tempo e rivolgersi ad un centro dotato di laboratorio di microbiologia clinica per una veloce diagnosi differenziale e un centro di medicina tropicale o infettivologi e per la corretta terapia.
«Per l’AMCLI la malaria è l’unica vera urgenza in parassitologia, in poche ore (4-6) un soggetto può sviluppare una forma grave con elevato rischio di perdita della vita. La diagnosi è importante e oggi i microbiologi possono utilizzare diversi metodi dall’esame microscopico alla ricerca del DNA del parassita con tecniche di biologia molecolare» dichiara Pierangelo Clerici, Presidente AMCLI e Direttore U.O. Microbiologia A.S.S.T Ovest Milanese.
© RIPRODUZIONE RISERVATA