Galli: «Scuola, giusto vaccinare i docenti»
Riapertura? Su l’indice Rt in 2-4 settimane

L’infettivologo Massimo Galli: «La riapertura degli istituti comporta un incremento non trascurabile dell’indice di contagio nell’arco di 2-4 settimane. Più si sta a casa, meglio è. Oggi la sicurezza è prioritaria».

La sua è una delle posizioni meno morbide, anche nei confronti della scuola e delle eventuali riaperture. Segue un principio molto semplice: se l’obiettivo è ridurre al minimo il contagio, allora ognuno deve cercare di muoversi il meno possibile.

Massimo Galli, responsabile del reparto Malattie infettive del Sacco di Milano e membro del Cts lombardo (l’organismo che ha suggerito alla Regione di attendere con la riapertura delle scuole), non usa giri di parole. «Perché continuo a esprimere perplessità sulla riapertura e anche sull’apertura delle altre scuole di ogni ordine e grado? Perché la letteratura scientifica internazionale, nel merito, è chiara: la riapertura delle scuole comporta un incremento non trascurabile dell’Rt nell’arco di 2/4 settimane – spiega il professore –. È vero, questi sono numeri aridi, mentre la scuola in presenza è un fatto importante. Numeri aridi che però vanno tenuti in considerazione perché poi corrispondono a ricoveri e non solo».

Le scuole e il ministro dicono che l’ambiente scolastico però sia sicuro.

«Potrà anche esser vero che le scuole sono sicure e che i ragazzi si infettano prima e dopo le lezioni, ma alla fine quello che succede è che i ragazzi si infettano e che l’infezione viene trasportata nel contesto familiare. A questo viene posta l’obiezione che i ragazzi poi comunque trovano il modo di aggregarsi lo stesso, all’esterno della scuola. È vero, ma la movimentazione che comporta la scuola, in particolare con l’utilizzo dei mezzi pubblici, è molto diversa dalla movimentazione in contesti di quartiere. Il messaggio generale comunque è uno: più si sta a casa, meglio è».

Quindi il lavoro fatto da Prefettura, Agenzia del trasporto pubblico locale e scuole (scaglionamento di ingressi e uscite, e rafforzamento della rete del trasporto, ndr) è stato inutile?

«È importante, fondamentale e lodevole che si sia messo mano all’organizzazione del trasporto. Si tratta di un lavoro che implica complessità e difficoltà in un contesto in cui la nostra situazione è tutt’altro che rassicurante. Da qualche giorno però quelle famose “curve in discesa” non sono più in discesa, in alcune regioni in modo più marcato che altre. Anche in Lombardia ci sono alcuni segnali (che abbiamo discusso nell’ultima seduta del Cts) che sono lontani dall’essere rassicuranti».

Sono i risultati dei movimenti dei giorni di Natale?

«Stiamo già vedendo in questi giorni il risultato del movimento del mese scorso. Un movimento che non piace dal punto di vista degli indici. Con queste premesse, la possibilità che la situazione torni a peggiorare non è una minaccia, ma una promessa. Fa abbastanza specie che poi ci si trovi a discutere sul fatto che il parametro sia leggermente sceso, senza tener conto che ci troviamo di fronte a equilibri fragili e che hanno bisogno di consolidarsi per essere considerati “equilibri”. Non si può pensare di tenere aperto quello che si può e pensare che questo basti per evitare il contagio. Ci si ritrova poi continuamente ad aprire e chiudere, facendo più danno e con prezzi altissimi da pagare in termini di contagio».

Però adesso arriva il vaccino.

«Per le vaccinazioni direi che abbiamo avuto una partenza a motore diesel, un diesel d’altri tempi però, non con grande sprint. Si è partiti il 27 ed era abbastanza intuibile che si potesse non avere uno sprint, anche se in altre regioni la velocità è stata maggiore. Non vorrei fossilizzarmi su questo tema, si è trattato del momento di partenza, ma mi sarebbe piaciuto vedere più sprint anche qui, nella regione in cui vivo. Ora bisogna guardare al dopo, a come si arriverà a regime con le vaccinazioni e a come si riuscirà a garantirlo a tutte le altre categorie, alla popolazione».

Tornando alla scuola, si sta discutendo della possibilità di vaccinare, tra le prime categorie, anche quella dei professori. Cosa ne pensa?

«Il tema delle vaccinazioni ai professori l’ho sollevato personalmente ieri in Cts e ho trovato l’immediata accoglienza della proposta. Se riapriamo le scuole, gli insegnanti sono costantemente a contatto con i ragazzi: chi ha fragilità e i più anziani devono essere vaccinati. Spero che questa posizione venga accolta rapidamente anche dal Ministero. Teniamo conto che anche gli insegnanti sono funzionari pubblici e che vengono esposti al contagio per il loro lavoro, come avviene peraltro anche per tante altre categorie di funzionari pubblici. Ma gli insegnanti hanno a che fare tutti i giorni con una socialità che contiene qualche germe».

Pensa che le scuole potranno riaprire solo dopo il vaccino ai professori?

«Il concetto di vaccinare i professori è giusto, del condizionare l’apertura delle scuole alla vaccinazione dei docenti possiamo parlarne. Ma in questo momento la priorità è la sicurezza.

Quindi le scuole rimangono chiuse.

«Sono il primo a desiderare, come tutti quelli che fanno il mio mestiere, le lezioni in presenza e che i ragazzi possano avere una socialità, ma in questo momento bisogna preoccuparsi della limitazione del problema per la diffusione dell’infezione. Bisogna limitare le situazioni che possono rappresentare elementi di rischio. È evidente se guardiamo a coloro che avevano meno limitazioni, per esempio alle regioni che sono rimaste sempre gialle finora: in quelle regioni la gente si è mossa di più e questo ha significato un ritorno del problema in modo serio».

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