Cronaca / Bergamo Città
Sabato 15 Novembre 2014
Fuggiti da Afghanistan, Pakistan e Iraq
«I talebani avrebbero potuto ucciderci»
«Vorrei che le persone che guardano alla nostra presenza con contrarietà capissero che la decisione di lasciare il nostro Paese non è una scelta. Siamo obbligati a scappare. Io spero di poter tornare nella mia terra pacificata, ma ora la situazione attuale è drammatica».
Waheed conclude con queste parole il racconto del suo viaggio. È partito il 12 giugno da un villaggio dell’Afghanistan, da mercoledì sera è a Bergamo nella struttura dismessa della Casa di Ricovero della Fondazione Santa Maria Ausiliatrice in via Gleno, che ora per l’emergenza profughi è gestita dalla Caritas.
Sono 12 i giovani uomini arrivati, ognuno ha una storia alle spalle segnata dalla paura di perdere le vita sotto i bombardamenti o per mano dei talebani; otto giungono dal Pakistan, tre dall’Afghanistan e uno dall’Iraq. Hanno percorso per settimane migliaia di chilometri con mezzi di fortuna fino a essere accolti nel Centro di identificazione di Gorizia.
«Ero uno studente di giurisprudenza, lavoravo per un’agenzia degli Stati Uniti, guadagnando mille euro al mese; questo mi ha permesso di mettere da parte la somma necessaria per fuggire». Per attraversare Iran, Turchia, Grecia con mezzi diversi servivano almeno diecimila dollari, pagati a agenzie diverse. «Per il fatto che ero considerato simpatizzante degli Usa, era diventato pericoloso rimanere nel mio Paese».
Tutti i profughi hanno presentato domanda di asilo politico a Gorizia; se le pratiche non passeranno a Milano, potranno essere analizzate già nel marzo prossimo, mentre in Lombardia la tempistica è più lunga: si parla di febbraio 2016.
© RIPRODUZIONE RISERVATA