Fare impresa e innovazione
Così si cambia il Paese

Dopo aver indagato il mondo dei precari, la «generazione da mille euro», Alessandro Rimassa, direttore dell’Istituto europeo di design (Ied), con un nuovo libro sta raccontando in giro per l’Italia come sia facile cambiare il nostro Paese.

Sabato pomeriggio era nello spazio del Talent Garden in piazza Vittorio Veneto: è stato un viaggio nelle tante storie positive e di successo di quanti tentano imprese nuove, puntando sull’innovazione. A dialogare con Rimassa, Alberto Trussardi, fresco del riconoscimento di Digital champion, unico bergamasco nominato dall’Agenzia per l’Italia digitale, e Andrea Moltrasio presidente del consiglio di sorveglianza Ubi ed ex presidente di Bergamo Scienza, per il quale «il festival scientifico ancora non è riuscito a creare una connessione con le imprese dell’innovazione».

Rimassa non ha svelato tutte le dieci le mosse per cambiare il Paese, ma ha parlato della necessità di avere una visone, un’idea su come si desidera il Paese futuro: «Ci vuole un progetto, la capacità di condividere una pianificazione perché, se per accendere un fuoco, basta sfregare due pietre, per innovare si devono far interagire i cervelli. Questo Paese sta cambiando dal momento che ci sono già tante persone, giovani e meno giovani, che fanno impresa».

Ed ancora per Rimassa «non basta un’idea, per essere buona deve essere concretizzata, trovando le persone giuste, ma sapendo che non è affatto semplice la condivisione». Si devono creare reti, dare vita a uno scambio non solo con open data, ma con competenze da contaminare. E poi fondamentale, in un mondo che cambia velocemente, la formazione, anche specialistica.

Il cambiamento investe il modo di concepire il lavoro: «Non è più possibile, garantire il posto fisso, ma è necessario garantire il lavoro», ha sottolineato Moltrasio.

Un cambio di mentalità riguarda inoltre il giudizio su chi fa impresa: «Non si mira soltanto al guadagno - sostiene il direttore dello Ied -. Chi fa impresa lo fa anche per il Paese, per rilanciarlo. È un gesto politico che ha un forte significato sociale. E chi rimane in Italia va sostenuto, perché qui è più difficile che altrove».

E una buona idea può anche non avere bisogno di un investitore iniziale: è il caso di Manuel Meinardi che ha raccontato di Made for school: «Forniamo servizi specializzati alle scuole. Attualmente 120 istituti in tutta Italia per un totale di 120 mila studenti. Partiti con nulla, dopo un anno fatturiamo 600 mila euro».

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