Cronaca / Isola e Valle San Martino
Giovedì 14 Novembre 2013
Droga? L’esame delle urine non basta
Assolto perchè il fatto non sussiste
Droga nelle urine? Un rilievo non abbastanza preciso per arrivare a una condanna per guida sotto l’effetto di stupefacenti. Lo ha deciso il giudice dell’udienza preliminare Alberto Viti, assolvendo dall’accusa un ventiduenne di Merate perché il fatto non sussiste.
Droga nelle urine? Un rilievo non abbastanza preciso per arrivare a una condanna per guida sotto l’effetto di stupefacenti.
Lo ha deciso il giudice dell’udienza preliminare Alberto Viti, dopo una perizia tecnica, assolvendo ieri mattina dall’accusa un ventiduenne di Merate (Lecco) perché il fatto non sussiste.
Nocciolo della questione proprio se il giovane, al momento in cui era stato controllato dai carabinieri, fosse stato o meno sotto l’effetto di stupefacenti. Per l’accusa sì, visto che nell’esame delle urine fattogli la sera stessa del controllo risultava la presenza dei cosiddetti cataboliti della cocaina: prova quindi che quella sostanza era stata assunta. Ben diversa la posizione della difesa: la droga era stata assunta - aveva spiegato il giovane, qualche giorno prima.
Il ventiduenne era stato fermato a Bonate Sopra, a un posto di blocco di routine, il 16 ottobre dello scorso anno: i militari, vedendolo, avevano avuto l’impressione che fosse sotto l’effetto di stupefacenti e, trovandogli in auto un piccolo quantitativo di cocaina e hashish, avevano deciso di approfondire il controllo. Lo avevano quindi portato al pronto soccorso del Policlinico San Pietro di Ponte San Pietro, e lì era stato sottoposto all’esame delle urine: l’analisi era stata positiva, rilevando appunto un certo quantitativo di cataboliti della cocaina, e su quella base i carabinieri avevano provveduto sia a segnalarlo come assuntore sia a denunciarlo penalmente per guida sotto l’effetto di stupefacenti.
Da quella denuncia era scattato, quasi automaticamente, un decreto penale di condanna a 15.500 euro di sanzione, contro cui però il ventiduenne aveva fatto ricorso. Messo di fronte alle due opposte posizioni, il giudice aveva quindi sentito come perito un responsabile dell’Asl, Massimo Corti, che aveva spiegato - tra le altre cose - come effettivamente il risultato ottenuto dall’analisi delle urine, in questo caso, dimostrava solo che nelle 48 ore precedenti i test era stato fatto uso di cocaina. Un dato non abbastanza preciso però per arrivare alla condanna, dato che la legge vieta che si sia al momento del controllo sotto l’effetto di droghe: quindi entro poche ore (tre o quattro) dall’assunzione. In un caso come questo l’indicazione oraria è stata ritenuta troppo vaga per poter arrivare a una condanna: un esame del sangue avrebbe invece fugato ogni dubbio, essendo molto più attendibile.
T. T.
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