Diego Watzke: grazie a Bergamo
ho battuto il morbo di Hodgkin

Il suo personaggio preferito è il Dottor Coppelius, uno strano tipo fabbricante di giocattoli e un po' mago. Forse non saprà costruire giocattoli, ma di certo una grande magia il ballerino Diego Watzke è riuscito a farla: è guarito, ha sconfitto il morbo di Hodgkin.

Il suo personaggio preferito è il Dottor Coppelius, uno strano tipo fabbricante di giocattoli e un po' mago, ruolo che in Coppelia, il mitico balletto dell'altrettanto mitica Opéra di Parigi, fu del grande Roland Petit. Forse non saprà costruire giocattoli, ma di certo una grande magia Diego Watzke è riuscito a farla: è guarito, ha sconfitto il morbo di Hodgkin.

A dirla tutta, oltre che eccezionale ballerino, è un mago bravissimo, dal momento che questa è la seconda volta che «la magia» gli riesce. Tra qualche giorno lascerà la Casa del Sole e tornerà a Napoli, su un palcoscenico. Tornerà alla vita, tornerà a ballare. Ma di certo tornerà ancora a Bergamo «non solo per effettuare i controlli ai Riuniti, dove mi hanno curato con straordinaria bravura e umanità - anticipa - ma per saldare un debito di riconoscenza con la città e con l'Associazione Paolo Belli».

Tutto comincia nel luglio del 2010. Diego Watzke, 47 anni, goriziano d'origine ma con qualche trascorso nella Bergamasca (a Osio Sotto vivono ancora la sorella Tatiana e i fratelli Umberto e Antonio) comincia ad avvertire i primi sintomi di un malessere generale, una tosse fastidiosa, un senso di spossatezza.

Per lui, che al San Carlo di Napoli è una étoile di primissimo piano, diventa tutto faticoso: le prove, plié, pirouette e fouetté diventano improvvisamente dei macigni. Il tempo di qualche analisi ed ecco arrivare il responso: morbo di Hodgkin, una recidiva del '94 quando il linfoma si era già presentato una prima volta.

L'orologio rimette indietro le lancette e, nel gennaio di quest'anno, lo riporta a Bergamo. «Sono tornato qui dove ero già stato e dove ero guarito. Se l'ho fatto una prima volta, posso farlo anche una seconda, mi sono detto».

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