Chiesto l’ergastolo per il camionista che uccise la giovane commercialista di Torre Boldone

Ergastolo per Roberto Paribello, 33 anni, il camionista di Zingonia di Verdellino che il 26 marzo dell’anno scorso sequestrò, strozzò e gettò in un canale la ventiquattrenne praticante commercialista Paola Mostosi, di Torre Boldone: questa la richiesta avanzata stamane dal pubblico ministero Angelo Tibaldi, al giudice dell’udienza preliminare, durante il processo con rito abbreviato, in corso presso il Tribunale di Bergamo.

Nella stessa occasione, il legale dei familiari della vittima (che si sono costituiti parte civile) hanno chiesto un risarcimento danni per tutte e cinque le parti offese.

Venerdì prossimo parleranno i difensori del giovane - gli avvocati Roberto Bruni e Angelo Capelli - e poi il giudice emetterà la sentenza.

Quattro le accuse formulate per Paribello, reo confesso, su una delle quali - l’omicidio - pesano altrettante aggravanti, quelle che hanno indotto il Pm a chiedere la pena dell’ergastolo per il giovane, che confessò il delitto. Paribello, arrestato pochi giorni dopo il fatto, raccontò agli inquirenti di aver incontrato la vittima lungo l’autostrada A4, in direzione Milano, tra Dalmine e Capriate, a causa di un piccolo incidente (un sassolino caduto dal carico del suo camion e che finì contro la macchina della ragazza), di essersi fermato con lei in una piazzola di sosta per compilare la constatazione amichevole e di aver perso la testa quando la praticante commercialista inveì contro di lui e minacciò di denunciarlo perché le aveva toccato una gamba (Paribello ha sempre sostenuto di avergliela sfiorata inavvertitamente mentre riempivano il modulo).

Fu a quel punto

che ammanettò la giovane commercialista, la caricò sul camion e, qualche ora più tardi, la strangolò. Il pubblico ministero Angelo Tibaldi contesta, in sostanza, all’imputato di aver premeditato il delitto (dal sequestro al delitto trascorsero alcune ore e in quel lasso di tempo, secondo il pm, il camionista restò fermo nell’intenzione di uccidere), di aver agito per futili motivi (la discussione per il sassolino) e al fine di evitare di incorrere in guai giudiziari (la vittima aveva minacciato di denunciarlo per molestie sessuali dopo che lui le aveva toccato una gamba), e infine l’aggravante della crudeltà e delle sevizie (Paola Mostosi fu legata, imbavagliata e ammanettata).

Infine sull’omicidio pesa una quinta circostanza: il fatto che Paribello avrebbe agito riducendo la giovane in condizioni tali da non potersi difendere, cioè chiusa all’interno della cabina di guida di un camion e immobilizzata con delle manette ai polsi.

Le altre accuse: sequestro di persona, occultamento di cadavere e furto. Il sequestro di persona: il camionista - secondo il pm - caricò a forza Paola Mostosi sul suo tir, ammanettandola costringendola a salire e trattenendola contro la sua volontà. Anche per quest’imputazione sono contestate le aggravanti da ergastolo dell’omicidio.

Occultamento di cadavere: Paribello, dopo aver ucciso la giovane, vagò per diverse ore con il cadavere a bordo del camion e, durante la notte, lo gettò in un canale asciutto dell’Enel, a Marne di Filago. Il trentaduenne sperava che il canale sarebbe stato riempito d’acqua e che questo avrebbe ritardato il ritrovamento del corpo.

Il furto: l’imputato è accusato di aver sottratto alla vittima una borsetta, un portafogli, un paio di occhiali, gli stivaletti che indossava, un anello in oro e un telefono cellulare "Nokia", lo stesso che poi regalò alla moglie.

Paribello ammise il delitto il giorno dopo il fermo, ma ha sempre sostenuto di aver agito d’impulso e non con premeditazione; insomma di aver ucciso perché aveva perso la testa, dal momento che la giovane insisteva nell’intenzione di denunciarlo nonostante lui le avesse assicurato che l’avrebbe lasciata libera se lei fosse stata zitta. I consulenti psichiatrici della difesa hanno concluso per un vizio parziale di mente al momento del fatto.

(Su l’Eco di Bergamo del 19 marzo 2003)

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