Che errore spezzare
le reni alla Grecia

Tsipras ha vinto le elezioni e nessuno se ne dovrebbe stupire. I sacrifici e l’austerità sopportati dai greci (a differenza di quella di cui ci lamentiamo in Italia) sono stati pesantissimi. La disoccupazione viaggia intorno al 25% e quella giovanile, addirittura, al 50%. Il Pil è di circa il 26% più basso dei livelli pre crisi. Altre statistiche possono essere citate a dimostrazione di quanto severa sia stata la correzione di rotta imposta all’economia greca.

Non è servita a molto: non è riuscita a rilanciare domanda e prodotto lordo, né ha condotto ad una significativa riduzione dell’indebitamento, che continua ad essere a livelli molto elevati, intorno al 175% del Pil. Chiunque sappia far di conto realizza che, per ripagare tale debito in tempi ragionevoli e liberarsi dei relativi interessi, ci vorrebbero sacrifici inenarrabili da parte del cittadini greci. Come quelli del popolo d’Israele quando attraversò il deserto: solo che per loro ci fu il miracolo della manna.

Poiché difficilmente la manna cadrà sul Pireo, i greci non potranno fare affidamento sui miracoli. E noi, con loro, riconoscere che il livello raggiunto dal debito greco è andato al di là della ragionevolezza e della ripagabilità. Casi del genere si verificano spesso nella vita delle aziende e delle banche. Quando l’indebitamento si rivela insostenibile per un’azienda, le banche preferiscono ristrutturarlo (cioè allungarne i tempi di rimborso e diminuire il tasso di interesse applicato), se necessario ne stralciano una parte, piuttosto che vedere l’azienda fallire. Forse è un ragionamento che dovremmo fare anche nel caso della Grecia. Ad esso vengono opposte alcune considerazioni di principio.

La prima: il popolo greco si è indebitato a proprio vantaggio, permettendosi deficit di bilancio, che hanno finanziato salari e pensioni pubbliche fuori misura. Insomma, ha vissuto al di sopra dei propri mezzi grazie ai debiti fatti. Vero, ma è altrettanto vero che anche i finanziatori hanno il dovere morale di dare a prestito con oculatezza. I creditori della Grecia sono banche perfettamente in grado di stabilire se i prestiti concessi allo Stato ellenico erano sensati e sostenibili. Non lo hanno fatto ed è stato un errore da parte loro. Seconda obiezione: non è giusto che i Paesi dell’eurozona, sinora molto generosi nel sostenere la Grecia, paghino le conseguenze di tanta disponibilità. Anche in questo caso le cose vanno dette come sono. Paesi come la Germania hanno sostenuto la Grecia per evitare che una crisi dei titoli di Stato greci danneggiasse le banche tedesche. In sostanza, i titoli di Stato greci sono passati dai bilanci delle banche (tedesche ma anche italiane) a quelli della Bce e del Fondo monetario. Alla signora Merkel, insomma, la solidarietà europea va bene quando serve a scaricare sugli altri i rischi delle banche tedesche.

Al di là dei moralismi, tuttavia, bisogna essere pratici: ciò che non può essere ripagato, non verrà ripagato. Bisogna quindi scegliere tra ciò che ha senso e ciò che, invece, è sbagliato. Idealmente, dovremmo prendere atto che la soluzione più sensata al problema del debito greco è quella di dimezzarlo o quasi. Evidentemente, non è una soluzione facile da perseguire: stabilirebbe un precedente difficile da gestire, riguardo sia al passato (che dire all’Irlanda o alla Spagna?), sia al futuro (che dire all’Italia?).

Si può prendere, però, la strada di una ristrutturazione del debito, accettandone un allungamento ed una riduzione del costo, a fronte di un programma di riforme – riforme di cui la Grecia ha straordinariamente bisogno, soprattutto per rilanciare la propria economia, la debolezza della cui struttura industriale è alla radice della crisi di Atene. È l’approccio «extend and pretend» che proprio Fondo monetario e Banca mondiale hanno usato con molti Paesi in via di sviluppo fortemente indebitati. Sarebbe invece un errore spingere la Grecia verso la crisi.

Le conseguenze economiche e politiche per l’Europa e la Grecia stessa sarebbero drammatiche. E fa specie che a fare la parte del cerbero sia proprio la Germania, un Paese che nel corso del XX secolo, da un lato, più di una volta si è rivelata un debitore inaffidabile e ha dovuto rinegoziare i propri prestiti. E dall’altro, proprio a causa della severità delle potenze vincitrici, dopo la Prima guerra mondiale soffrì una crisi economica così drammatica che finì per spingerla nelle braccia del nazismo. E l’Italia, che di quella Germania fu alleata, dovrebbe ricordarle quanto fu infausto il goffo tentativo di spezzare le reni alla Grecia.

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