Cronaca / Bergamo Città
Mercoledì 20 Febbraio 2013
Carne di cavallo spacciata come manzo
Anche a Bergamo controlli dell'Asl
La vicenda della carne di cavallo contenuta in diversi alimenti confezionati e non dichiarata tra gli ingredienti è arrivata anche nella Bergamasca con l'Asl di Bergamo che si è subito attivata per effettuare verifiche tra gli operatori del settore alimentare.
La vicenda della carne di cavallo contenuta in diversi alimenti confezionati e non dichiarata tra gli ingredienti è arrivata anche nella Bergamasca con l'Asl di Bergamo che si è subito attivata, da indicazioni ministeriali e regionali, per effettuare verifiche tra gli operatori del settore alimentare affinchè fossero ritirati - se ancora presenti - dal commercio i lotti «incriminati».
«Le indicazioni arrivano dal Ministero e dalla Regione Lombardia - spiega Paolo Antonioli, responsabile del Dipartimento di medicina veterinaria dell'Asl di Bergamo -. Da qui sono partite già dai giorni scorsi le verifiche a campione nel settore alimentare, dai grossi centri ai piccoli esercizi. Abbiamo controllato che i lotti segnalati con etichetta non corrispondente a verità fossero stati ritirati. Per il momento non abbiamo segnalazioni di irregolarità: gli stessi esercizi commerciali sono ben consapevoli dell'impatto mediatico della vicenda e hanno tutto l'interesse per essere in regola: in caso di irregolarità sono i primi ad essere i responsabili».
Ma se si trovassero ancora prodotti con irregolarità nell'etichettatura cosa potrebbe succedere? «L'Asl interviene con il sequestro dei prodotti e sono previste anche sanzioni» spiega Antonioli.
Perchè la vicenda ci mette di fronte a una frode vera e propria: «Tutto è partito dalla Gran Bretagna dove ha fatto scalpore prima di tutto l'utilizzo della carne equina. In Italia non è tanto in questione l'uso della carne di cavallo - che nel nostro Paese viene consumata - quanto la mancata regolarità della comunicazione: l'utente ha il diritto di sapere cosa sta acquistando e cosa sta mangiando» commenta ancora la vicenda Antonioli.
Sull questione anche Coldiretti Bergamo è intervenuta, da sempre sensibile alla necessità di dotare tutti gli alimenti di informazioni chiare e facilmente leggibili, soprattutto per quanto riguarda l'origine delle materie prime, affinché il consumatore «abbia la possibilità di fare acquisti consapevoli».
Con ripercussioni sul settore alimentare: «La paura generalizzata e l'impossibilità di riconoscere con precisione cosa si mette nel piatto ha in diverse occasioni determinato il crollo dei consumi e messo in evidenza quanto siano indifesi chi consuma e chi produce - commenta Coldiretti Bergamo -. Negli ultimi anni si è verificata una vera e propria escalation degli scandali alimentari. L'emergenza mucca pazza del 2001 è quella che ha più segnato la filiera alimentare seguita dal 2003 dall'allarme aviaria. Nel 2008 è stata invece la volta della carne alla diossina, a seguito della contaminazione nei mangimi, e del latte alla melamina in Cina. Due anni più tardi, nel 2010, è arrivata la mozzarella blu a spaventare i consumatori mentre nell'estate del 2011 è comparso il batterio killer, che fece salire ingiustamente i cetrioli sul banco degli imputati. Oggi ci troviamo a fare i conti con la carne di cavallo spacciata come carne di manzo. E la paura, di nuovo, dilaga».
In Italia lo scambio di carni all'insaputa dei consumatori è vietato dal decreto legislativo 109 del 1962 che obbliga ad indicare in etichetta la specie animale da cui proviene la carne utilizzata come ingrediente,« ma lo scandalo ripropone l'esigenza di una accelerazione nell'entrata in vigore di una legislazione più trasparente sulla etichettatura della carne e degli altri alimenti a livello comunitario - continua Coldiretti Bergamo -. Attualmente, ad esempio, nell'Unione Europea è obbligatorio indicare in etichetta la provenienza della carne bovina dopo l'emergenza mucca pazza, ma non quella della carne di maiale o di coniglio e cavallo. L'etichetta di origine rappresenta una garanzia di informazione per i consumatori, ma grazie alla tracciabilità anche una protezione nei confronti di frodi e truffe che si moltiplicano nel tempo della crisi in cui si registra il ritorno di reati come l'abigeato e la macellazione clandestina».
«La globalizzazione dei mercati – sottolinea la Coldiretti bergamasca – non è stata accompagnata da quella della politica e questo ha determinato un deficit di responsabilità, di onestà e di trasparenza che ha portato a considerare il cibo come una merce qualsiasi, come fosse un aspirapolvere o un frigorifero, con effetti che rischiano di provocare una rincorsa al ribasso con effetti drammatici. Soprattutto in un momento di crisi in cui molti sono costretti a risparmiare sull'alimentazione è indispensabile garantire trasparenza ai cittadini consumatori e metterli nella condizione di conoscere ciò che portano in tavola».
Fa. Ti.
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