Caccia all'oro: scienza e leggenda
I fiumi orobici come il Klondike

Oro: chi lo vende, chi lo compra, chi lo cerca. Mentre diventa meglio del mattone per gli investitori, mentre nei negozi dell'usato si formano le code di chi (in tempo di crisi e vacche magre) approfitta delle quotazioni crescenti, nei fiumi capita di rivedere gente col setaccio.

Oro: chi lo vende, chi lo compra, chi lo cerca. Mentre diventa meglio del mattone per gli investitori, mentre nei negozi dell'usato si formano le code di chi (in tempo di crisi e vacche magre) approfitta delle quotazioni crescenti, nei fiumi capita di rivedere gente col setaccio. Restii a svelar la loro identità, ancor più i luoghi di cerca, son i cercatori. «È più un hobby che altro, mica ti arricchisci così...», mormorano. Quindi zero pepite. Ma chissà. Nella Bergamasca, intanto, si dibatte, fra scienza e suggestioni.

È una leggenda tutta nostra, quella dell'oro delle Orobie, che si nasconde nelle rocce e nei fiumi che solcano il territorio: Adda, Oglio, Brembo, Serio. Un eldorado difficile, fatto di polvere rara, ma che esiste. Dopo anni di scetticismo e tira e molla, lo dichiarano gli studiosi: l'oro bergamasco c'è. Poco, ma c'è.

A catapultarci dentro scenari da film sono anche, appunto, i cercatori armati di piatto e setacci. Li hanno intravisti a Medolago, poi sull'Oglio. Lì dove i corsi d'acqua formano anse e terriccio. Sono appassionati, collezionisti: perché non siamo nel Klondike, chi setaccia con la batea (così si chiama il piatto) dalle nostre parti non cerca pepite, ma frammenti, pagliuzze, scagliette.

Quella dell'oro orobico è una storia lunga. Verità o leggenda? Se ne parla da secoli, con una (più recente) guerra a colpi di trattati e ricerche. Per inciso: che nell'acqua il metallo si trovi è assodato, il vero nodo riguarda la provenienza delle pagliuzze, la presenza del metallo nobile in roccia. Fra chi annunciava di averlo trovato e chi ribatteva che «nella Bergamasca è meglio andare a cercar trote» il tira e molla è durato anni, e ancora non si è sopito.

Se le quantità sono ben lungi dallo scatenare una corsa, chi parla di presenza in roccia può contare su studi avallati, dopo 30 anni di scetticismo, dalla Rivista mineralogica italiana.

Leggi le due pagine dedicate all'argomento su L'Eco di domenica 9 ottobre

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