Cronaca
Mercoledì 20 Settembre 2017
Bergoglio allarga
lo sguardo sulla famiglia
Il nome cambia leggermente. Giovanni Paolo II sarà sempre il santo a cui ispirarsi. Ma il nuovo «Istituto teologico Giovanni Paolo II per le scienze del matrimonio e della famiglia», fondato ieri da Papa Francesco con il motu proprio «Summa familiae cura», segna senza dubbio un cambio di passo decisivo nell’elaborazione dell’intelligenza e della comunicazione della fede e di quella che potremmo chiamare «prossimità evangelica» verso la famiglia e il matrimonio. L’aggettivo «teologico», che non compariva nella dizione del vecchio istituto, non è un elemento accessorio.
Al contrario misura l’allargamento del perimetro di ciò che Francesco chiede agli esperti e cioè un’elaborazione più approfondita e più coerentemente sviluppata, in relazione ai segni dei tempi, della teologia del matrimonio a partire della sfida lanciata dall’«Amoris laetitia». Ma la scelta del Papa è anche una risposta a chi in questi mesi ha contestato proprio la fondatezza dottrinale dell’Esortazione apostolica «Amoris laetitia», arrivando a sottoporre al Papa alcuni «dubia» e chiedendo su di essi al Pontefice una risposta secca, o sì o no.
Bergoglio ieri ha spiegato in sostanza che le cose sono più complesse e che forse è il momento di finirla con le contrapposizioni. Il nuovo Istituto «teologico» è il luogo dove, ancora una volta, avviare un processo, perché la riflessione teologica sul matrimonio e la famiglia non è stata chiusa una volta per sempre. Non è un mistero che il vecchio Istituto Giovanni Paolo II per la famiglia si era caratterizzato per una visione teologica e pastorale dei problemi della famiglia rigida e per molti versi lontana dalle aperture del Papa e dai contenuti dell’«Amoris laetitia». Il primo preside fu un teologo, il cardinale Carlo Caffarra, recentemente scomparso, il cui punto di vista teologico su questi temi non era affatto coincidente con quello del Papa. Bergoglio tuttavia non ha mai chiuso il dibattito e per questo non ha mai risposto ai «dubia» sull’«Amoris laetitia». Ha sempre lasciato che la discussione proseguisse, evitando interventi magisteriali consapevole che non su tutte le questioni teologiche e nemmeno pastorali il Papa deve pronunciarsi. La sua scelta è stata invece quella di capire e non di formulare giudizi, soprattutto su materie sottoposte al vento impetuoso dei cambiamenti sociali, culturali e antropologici, che oggi vanno più accuratamente decifrati. La questione della famiglia e del matrimonio sono senza dubbio tra le più sensibili e spesso la Chiesa ha corso il rischio di astrattezza tra la conferma dei principi e la realtà delle cose. Ciò ha portato a maggiore contrapposizione da un lato e a derive pericolose in un processo di secolarizzazione che a volte pare impazzito.
Di fronte a tutto ciò la Chiesa non ha altra strada che impegnarsi di più nella riflessione teologica e nell’aggiornamento di molte prassi pastorali e non invece di limitarle, come chiedono tutti quelli che non sono d’accordo con il Papa nel processo avviato con l’«Amoris laetitia». Bergoglio stesso lo ha scritto in quel testo, accennando all’autocritica e spiegando che alle volte «abbiamo presentato un ideale teologico del matrimonio troppo astratto, quasi artificiosamente costruito, lontano dalla situazione concreta e dalle effettive possibilità delle famiglie come sono». «Questa idealizzazione eccessiva, soprattutto quando non abbiamo risvegliato la fiducia nella grazia, non ha fatto sì che il matrimonio sia più desiderabile e attraente, ma tutto il contrario».
È per questo motivo che ieri ha ri-fondato l’Istituto per la famiglia, sollecitando ad esso uno spettro di considerazioni teologiche più ampie. Nella storia della Chiesa non è una novità, perché sempre la teologia ha regolato la sua elaborazione sulle problematiche nuove che via via emergevano, senza per questo tradire la dottrina. La teologia del matrimonio e della famiglia è sempre stata molto aperta alle sfide della cultura contemporanea e un’evoluzione ulteriore è possibile anche oggi per contribuire «efficacemente», ha chiesto ieri il Papa al nuovo Istituto, «alle odierne esigenze della missione pastorale della Chiesa». Bergoglio ha scommesso di nuovo, senza fare le strane acrobazie di cui viene periodicamente accusato, ma solo chiedendo maggior riflessione con i piedi ben piantati per terra.
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