Nell’era del lavoro precario anche la casa è sempre meno una certezza. E i dati degli sfratti a Bergamo e provincia segnano il passo del cambiamento esattamente come l’aumento di ore di cassa integrazione o la messa in mobilità dei lavoratori. I dati, elaborati dalla Direzione generale di statistica del ministero della Giustizia, fotografano una situazione in progressiva crescita. Più che nei risultati totali, la tendenza si nota nei procedimenti di «rilascio immobile per inadempimento» (si tratta prevalentemente di casi di morosità) sopravvenuti in Tribunale nel corso degli anni: dai 442 dell’anno 2001-2002 (da luglio a giugno) agli 854 del 2004-2005. Quasi raddoppiati. È bene ricordare che si tratta di procedimenti che non necessariamente si sono conclusi con uno sfratto (un’altra soluzione possibile è quella dell’accordo tra le parti), però sono ugualmente indicativi di un aumento del disagio abitativo. Se poi a questi aggiungiamo anche i procedimenti di rilascio immobile per «altre controversie», che molto spesso sono conseguenze più o meno dirette dell’erosione dei patrimoni familiari (dai 115 sopravvenuti nel 2001-2002 ai 140 del 2004-2005), la tendenza si fa più distinta.Anche sui valori totali, infine (che includono i procedimenti per rilascio per finita locazione, il rilascio per inadempimento e il rilascio per altre controversie) si riscontra un aumento, anche se più contenuto: i procedimenti esauriti (arrivati a compimento con lo sfratto o con l’accordo) erano 811 nel 2001-2002, 988 nel 2004-2005.Per i sindacati degli inquilini (Sicet Cisl e Sunia Cgil) i più colpiti dagli sfratti sono i rappresentanti delle nuove fasce deboli. Non solo extracomunitari quindi (che rappresentano tra il 40 e il 50 per cento di quelli che si rivolgono alle due associazioni), ma anche l’ex ceto medio che scivola inesorabilmente verso il basso: anziani soli, famiglie monoreddito con il capofamiglia che ha perso il lavoro, separati e divorziati. L’inchiesta oggi su L’Eco di Bergamo(08/02/2006)
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