Cronaca
Sabato 27 Febbraio 2010
Benedetta, un sonoro sbadiglio
per far capire che si sente bene
Vedi documenti allegati
Benedetta sbadiglia dentro nella sua incubatrice rosa, il display che segna la temperatura indica 32.0 gradi. Un bel caldo, la giusta umidità per i neonati. Benedetta ha un bel visino bianco e rosa e sul piedino c'è una garza. Dice Giovanna Mangili, medico della Patologia neonatale: «Sta bene, il cordone ombelicale è stato ben tagliato, non ha perso sangue. La stiamo sottoponendo a terapia antibiotica come sempre quando non si conosce la provenienza dei bambini. Stiamo ricercando eventuali possibili infezioni, poi faremo una ecografia. Normali controlli, ma la bambina sta bene. La garza sul piede e sulle mani è per via del monitoraggio».
Il professor Angelo Colombo ha un piccolo studio nella patologia neonatale, all'ingresso c'è disegnato un grande cuore di carta. Colombo è stato per molti anni primario della divisione, dopo la pensione è rimasto come consulente. Dice: «Stanno arrivando molte telefonate, molte richieste di adozione, ma sarà il tribunale dei minori a decidere qualora la madre non si facesse viva. Arrivano telefonate di persone che chiedono come sta la bambina, che vogliono fare delle offerte di materiale utile, anche offerte economiche, persone che vogliono fare regali, altre che si preoccupano perché la bambina non ha nessuno... Ma fino a quando si trova qui in ospedale la bambina non ha bisogno di niente, ha sicuramente tutto quello che le serve. Non è il primo caso da quando io sono qua, in genere il tribunale decide per l'adozione piuttosto in fretta, magari anche nel giro di un mese. Sono situazioni che suscitano preoccupazione. Tante donne non sanno che potrebbero partorire tranquillamente qui in ospedale e lasciare il bambino qui in perfetta sicurezza e anonimato. Anche se donne extracomunitarie. Oppure potrebbero portare il neonato alla culla riscaldata delle suore del convento di Matris Domini. Il fatto è che un neonato lasciato al freddo in una scatola rischia la vita. I neonati non hanno un controllo della temperatura corporea come gli adulti, se fa freddo si raffreddano in fretta. Con Benedetta è andata bene».
Benedetta. La dottoressa Mangili spiega che sono state le infermiere a darle spontaneamente quel nome. «Vedere una bambina che comincia la vita in questo modo, abbandonata da tutti, anche dalla mamma, fa una tenerezza infinita. Ma è sempre un dono, è una creatura benedetta da Dio».
I corridoi del reparto sono tappezzati di fotografie di bambini di qualche mese o di pochi anni. Sorridono, giocano. Dice Giovanna Mangili: «Sono i bambini che sono passati di qui, in genere sono i casi più disperati, i bambini nati con venticinque, ventisei, magari anche solo ventiquattro settimane di gestazione. Bambini che alla nascita pesavano anche meno di mezzo chilo. Non molti ce la fanno. Ci sono bambini che stanno in patologia neonatale per mesi, anche per più di un anno. Vede questa bambina? Oggi ha tre anni e sta davvero bene. Quando è arrivata qui pesava 390 grammi. Lei ce l'ha fatta».
Giovanna Mangili ha gli occhi scuri, la collana di perle sotto il camicie bianco. Tra questo reparto e il nido lavorano circa centoventi persone, medici e infermieri. Sono quasi tutte donne. Oltre i vetri ci sono i bambini della terapia intensiva, dieci posti, tutti occupati da piccoli che non arrivano al chilo. Benedetta è nell'altra camera, per precauzione protetta dall'incubatrice. Ma la si vede bene oltre il plexi, ha gli occhi spalancati, è vestita solo con il pannolino e si muove senza agitarsi.
Dice Giovanna Mangili: «È una bella bambina, ben proporzionata, ha un bel visino e, soprattutto, sta bene. Tutti noi auguriamo a Benedetta di avere una buona vita».
Paolo Aresi
© RIPRODUZIONE RISERVATA