Anche a Bergamo 4 pensionati su 10
vivono con assegni inferiori a mille euro

In Italia, 4 pensionati su 10 percepiscono un reddito mensile inferiore ai 1000 euro. Si tratta del 42,5% dei pensionati italiani, ovvero 6,5 milioni di persone. Il dato è stato pubblicato nel bilancio sociale 2014 dell’Inps, secondo il quale ci sono anche quasi 2 milioni di pensionati (che corrispondono al 12,1%) con assegni previdenziali inferiori ai 500 euro.

Nella «ricca» Bergamo il quadro non si scosta di molto. Qui la media parla del 39,81% di pensionati che vivrebbero con assegni da 629.08 euro, se si conteggiano i possessori di pensioni di invalidità, Superstite, Assegno sociale e invalidità civile. Ma non c’è molto da rallegrarsi neppure analizzando soltanto le pensioni di vecchiaia, tra l’altro quasi tutte ancora maturate prima della «Fornero». In città ci sono 21.276 pensionati che percepiscono, in media, assegni da 1.308 euro (le donne, 10.487, ne prendono in media 749,77).

Questo è il quadro che emerge dalla ricerca periodica che la sezione cittadina della Fnp Cisl compie da qualche anno, per scandagliare il «pianeta pensioni». «Sono numeri che ci dicono che molti pensionati arrivano con difficoltà alla fine del mese - dice Roberto Corona, segretario della sezione Bergamo -. Sembra che il nostro sistema previdenziale non riesca a fornire un assegno minimo dignitoso».

Analizzando i dati pensionistici rilevati dall’Osservatorio dell’Inps, sui quali Fnp Bergamo compie le sue ricerche, emerge tra l’altro che il numero di pensionati in regime di «anzianità» è in netta diminuzione: solo a Bergamo città, in un anno, sono diminuiti di 543 unità i pensionati tra i 55 e i 64 anni, «segno che la Fornero inizia a mietere vittime, rimandando sensibilmente il pensionamento dei lavoratori che ne avrebbero avuto il diritto».

Con questa «manovra», l’Inps a Bergamo avrebbe risparmiato 779.566 euro, «ma la lettura di questo dato non deve trarre in inganno - continua Corona -, perché il dato finale sull’erogazione delle pensioni in città è aumentato, per via dell’innalzamento delle richieste di pensioni sociali, del superstite e di quelle per invalidi civili».

«Questo spostamento della spesa pensionistica nella nostra città - prosegue Corona - ci deve far riflettere su come affrontare sin d’ora il problema. La città sta invecchiando, non c’è ricambio generazionale, siamo sotto il livello demografico auspicato ed invecchiando le persone hanno sempre più bisogno di assistenza e di un modello di vita diverso dall’oggi. I problemi sono e saranno sempre più complessi. Vanno dalla sanità, al sociale, all’assistenza, ad un modello di vita della città diversa, dalla casa alla mobilità, all’ ambiente, all’ecologia, a rapporti di relazioni dove la nostra società deve modificarsi».

A tre anni dall’entrata in vigore della riforma pensioni Monti-Fornero, dunque, è tempo di fare un bilancio sugli effetti e sull’efficacia di un provvedimento che una sera del dicembre 2011 ha stravolto la vita di migliaia di persone e che in prima battuta era apparso, o almeno era stato presentato, come la riforma definitiva. «Con la riforma Fornero, le nuove pensioni non solo hanno posticipato l’uscita, ma il reddito pensionistico è diminuito per via della riforma stessa. Restando così le cose, chi sosterrà la spesa sociale di questo cambiamento di vita? Una cosa noi pensionati non vogliamo; che il tutto ricada per l’ennesima volta sulla testa delle giovani generazioni. Dobbiamo con coraggio affrontare il problema - conclude il segretario della sezione FNP della città -, condividendo con i soggetti responsabili percorsi di solidarietà atti a garantire soprattutto ai più deboli stili di vita dignitosi».

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