Cronaca / Bergamo Città
Mercoledì 03 Agosto 2011
Alcol, sempre più una piaga
Un summit per cercare soluzioni
La piaga dell'alcolismo sta assumendo dimensioni spaventose, tra i giovani e nel lavoro: la Bergamasca conta 150 mila forti bevitori (7.500 alcolisti conclamati) e 750 mila bevitori abituali, ancorché moderati. A settembre si raccoglieranno esperienze e proposte.
L'abuso di alcol nella nostra provincia rappresenta da sempre una delle condizioni di disagio maggiori, con una richiesta di intervento che diventa rapidamente elevata, andando a comprendere fasce d'età sempre più basse. C'è da sempre il rischio di scambiare per «cultura» un approccio di dipendenza che col tempo non può che generare situazioni di disagio e emarginazione sociale.
La piaga dell'alcolismo sta assumendo connotati e dimensioni spaventose, tra i giovani e nel lavoro: anche per questo la Cisl di Bergamo ha appoggiato l'attività dell'Acat di Bergamo (Associazione dei Club Alcologici Territoriali) che, dal 12 al 17 settembre, organizza in città un seminario aperto a chiunque sia interessato a partecipare a un corso di sensibilizzazione all'approccio ecologico-sociale ai problemi alcolcorrelati.
Come emerge nella ricerca condotta da Andrea Noventa per il Ser.T di Bergamo, siamo in una provincia che conta 150 mila forti bevitori (dei quali ben 7.500 alcolisti conclamati) e 750 mila bevitori abituali, ancorché moderati: una situazione «culturale», appunto, che non ha mai visto male chi alza il gomito, che propende per fare i brindisi alle feste comandate anche con i bambini, che non ritiene pericoloso bere prima o durante i lavoro…
Il corso dell'Acat parte da qui, consapevoli che «problemi connessi all'uso dell'alcol, sia medici, sociali, personali e familiari sono in continuo aumento, la complessità di questi impone l'attivazione di percorsi di sensibilizzazione e coinvolgimento della comunità locale facilitando la collaborazione tra le risorse in essa esistenti.
L'esperienza dell'Acat a Bergamo è pluriennale e raccoglie a oggi nove circoli su tutta la provincia. Il corso che si terrà a Bergamo, presso la Parrocchia di San Paolo, ha respiro e richiamo nazionale, e sarà quindi l'occasione per misurare il grado di attenzione del territorio sul tema.
«Anche per questo la Cisl ritiene doveroso dare il proprio contributo - dice Mimma Pelleriti, della segreteria proviniciale -. Alla fine degli anni '90, la categoria dei tessili (allora Filta), ha aderito ad un progetto Ministeriale di intervento dentro alle fabbriche con l'obiettivo di avviare un percorso di sostegno ed inclusione per le persone affette da qualunque tipo di dipendenza. Molte sono state le aziende e le RSU interessate, primi soggetti coinvolti per divenire punto di riferimento utile alle persone ed alle loro famiglie. Continuare l'impegno sociale sta nella nostra mission, ringraziamo dell'opportunità offerta dall'Associazione ACAT di Bergamo, con la quale speriamo di avviare un lavoro di rete coinvolgendo le categorie che maggiormente fanno i conti con i problemi alcool correlati. Per la Cisl di Bergamo rappresentare e tutelare i lavoratori, vuol dire anche questo. Se un lavoratore o una lavoratrice hanno problemi di alcool, oltre ad essere un dramma personale e familiare, diviene spesso anche un problema per la loro sicurezza sul lavoro, nonché la possibile perdita dello stesso».
Il modulo del corso di Bergamo prevede una serie di incontri,discussioni, lezioni e una tavola rotonda, venerdì 16 settembre, alle 11,45, alla quale, tra gli altri, prenderà parte anche Gabriele Mazzoleni, segretario generale della FILCA CISL.
«Il settore edile – spiega Mazzoleni – è uno dei gangli del problema alcol nel mondo lavorativo. Tra i muratori esiste la convinzione culturale che bere anche un litro di vino non sia di impedimento a salire poi sui ponteggi, alla faccia dei tanti protocolli sulla sicurezza firmati negli anni. Non credo che sia un caso che uno dei fattori maggiori di morte nell'edilizia (ma comprendendo anche ogni settore lavorativo) sia la caduta dall'alto. Il sindacato deve attuare una rivoluzione “contro – culturale”, perché la cultura del buon bere non ha nulla a che fare con l'abuso e soprattutto con lo spregio per la vita. Anche al nostro interno purtroppo alcune resistenze a parlare di alcol permangono… e intanto dobbiamo già iniziare a fare i conti con le nuove generazioni e con le droghe sintetiche».
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