Il Patto di stabilità, che impone limiti di spesa ai Comuni e prevede sanzioni per chi non li rispetta, in realtà è spesso un freno agli investimenti da parte degli enti locali, e penalizza i Comuni più virtuosi nella gestione dei propri bilanci.
E se un numero sempre crescente di Enti locali a livello nazionale, ma, ormai, anche in bergamasca, non riesce a rispettare i vincoli imposti dal Patto significa che nel sistema c’è davvero qualcosa che non funziona e che deve essere rivisto.
Claudio Armati, presidente uscente dell’Associazione comuni bergamaschi, considera «disastroso il Patto di stabilità così come è congeniato. E i sindaci, in modo bipartisan, chiedono di cambiarlo».
Il Patto interessa i Comuni sopra i cinquemila abitanti: in bergamasca sono settantadue per complessivi 720 mila abitanti: «I Comuni sono, quindi, pochi – commenta Armati – ma comprendono tre quarti della popolazione. I nostri enti locali ricevono contribuiti dallo Stato in misura inferiore rispetto alla media nazionale: da questo punto di vista siamo la parte del Paese più svantaggiata. In questi anni i Comuni hanno fatto fronte alla situazione anche grazie alla buona amministrazione».
Anche perchè, dopo aver ridotto gli investimenti, i Comuni «sono ora costretti a intaccare il livello dei servizi e a ridurre le spese, ad esempio, nel sociale e per la scuola»
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