Il Vescovo alle famiglie: la Chiesa
«possa essere la vostra casa»

«La Chiesa possa essere la vostra casa. La vostra casa possa essere una Chiesa». Si chiude con questo augurio - sincero e profondo - la «Lettera alle famiglie» che il vescovo di Bergamo, monsignor Francesco Beschi ha indirizzato a tutte le famiglie della Diocesi, datata lo scorso 26 agosto - solennità di Sant'Alessandro - ma presentata ufficialmente venerdì 18 settembre in Seminario, nel  corso dell'Assemblea Diocesana.

Perché una lettera per parlare della Chiesa? Perchè «tutte le nostre esperienze, anche le più singolari - scrive il vescovo - partono da una Comunità, sono Comunità, fanno Comunità». E questa Comunità «è la Chiesa, la Chiesa di Gesù», una Chiesa per la vita, per la vita di ciascuno di noi. «Vorrei dire a chi ha fatto questa esperienza - scrive il vescovo -, di esserne testimone per chi non ha ancora fatto questa esperienza. Vi prego non dite come gli antichi Ateniesi all’apostolo Paolo: "Su questa cosa ti ascolteremo un’altra volta!". "Non mi interessa la Chiesa", dirà qualcuno, forse molti. Se desidero dirvi qualcosa della Chiesa è perché sono convinto che questa Comunità di uomini e donne che credono in Gesù, possa offrire vita alla vita».

Perché una lettera per parlare della Chiesa alle famiglie? «Perché - risponde monsignor Beschi - non si può vivere senza famiglia. Perché la solitudine più grande è essere senza famiglia. Perché non si può vivere senza qualcuno da amare e da cui essere amati. Perché la Chiesa assomiglia alla famiglia e la famiglia assomiglia alla Chiesa».

Pur rappresentando un valore ancora estremamente forte nella nostra terra, «a molti - osserva monsignor Beschi - sembra che la Chiesa sia lontana dal vivere degli uomini e delle donne di oggi. Il suo insegnamento morale, dai temi della famiglia a quelli della vita e della sessualità, appaiono ingiustificati e addirittura incomprensibili; gli stessi orientamenti sociali finalizzati alla costruzione di una società più giusta ed umana vengono spesso disattesi e apertamente contraddetti. Ma ancor più, ciò che è il cuore della vita della Chiesa, cioè la persona viva del Cristo crocifisso e Risorto, il dono del suo Spirito, l’amore di Dio Padre, la fede e la mentalità che scaturisce da questa esperienza, a molti, che pure apprezzano la Chiesa, sembrano del tutto insignificanti. Vorrei dire a tutti costoro che la Chiesa è sempre la loro casa; che le porte della Chiesa, a volte chiuse per custodire i nostri templi, sono aperte sempre e per tutti, non per desideri di potenza, ma perché ognuno possa incontrare la persona di Gesù e in Lui la Vita della vita. Mi piace immaginare la Chiesa come una casa».

Da qui l'invito di monsignor Beschi a coltivare la virtù dell'ospitalità, della quotidianità, dell'initimità, la cura cioè di relazioni semplici e vere, «cominciando dal riconoscerci cristiani gli uni gli altri».

Ma vivere la vita di oggi - tra illusioni, tradimenti, imbrogli colossali cui rassegnarsi dentro una sottile disperazione quasi che l'unica legge sia quella della sopravvivenza - richiede coraggio, «il coraggio di Cristo - scrive il Vescovo -, il coraggio di uomini e donne semplici che nella fede hanno trovato l’ardire quotidiano di costruire e non distruggere, di perseguire speranza e non rassegnazione, di testimoniare amore e non paura. La Chiesa come scuola di coraggio per costruire una storia i cui i fermenti del Vangelo ci rendono più umani. La Chiesa come comunità in cui il coraggio di uno diventa incoraggiamento per l’altro».

Ma al coraggio deve unirsi anche il fervore: «Siamo dominati dalla fretta, dall’ansia. Il fervore - osserva monsignor Beschi - è diverso. È passione, è un'urgenza dello spirito per ciò che vale veramente, è premura per l’altro, per il bene, per la verità. Coltiviamo la virtù del fervore, per non essere cristiani imbalsamati: il fervore della convinzione, il fervore che è consapevolezza di una grande avventura, il fervore come concentrazione sull’essenziale. Troppo cinismo ci avvelena anche nella Chiesa, quasi ci fossimo abituati ad una mediocrità, dalla quale ci sembra impossibile riscattarci».

La Chiesa, comunque, «è come un corpo, un corpo umano, un corpo con la sua testa, i suoi arti, i suoi organi, il suo cuore, la sua anima» e la cosa sorprendente è che non si tratta semplicemente di un'immagine. «La Chiesa è un corpo preciso: è il corpo di Cristo». Un cristiano da solo, «fosse pure il Vescovo o il Papa, non può rappresentare tutto il Cristo: i cristiani uniti nella Chiesa diventano, per opera dello Spirito Santo, il suo corpo vivente nella storia».

Papa Giovanni ha segnato la storia del mondo con la sua lettera che rappresenta la Chiesa come Madre e Maestra, Paolo VI ha iniziato il suo pontificato parlando, con sublimità inarrivabile, della Chiesa: «Sono guide spirituali che in tempi grandi e difficili ci hanno insegnato ad amare la Chiesa per amare Cristo e ad amare Cristo amando la sua Chiesa» sottolinea monsignor Beschi.

«Mentre vi saluto, vi benedico, vi assicuro la mia preghiera - conclude il Vescovo accomiatandosi dalle famiglie bergamasche -, desidero ricordare tutte le vostre famiglie, particolarmente in questo anno, in cui l’impegno pastorale di tutte le comunità sarà ancora orientato alla vita e alla formazione della famiglia. Desiderio grande è anche di ringraziare di cuore il Vescovo Roberto e il Vescovo Lino, per l’accoglienza fraterna e affettuosa che mi hanno riservato. In questo anno sacerdotale preghiamo insieme per tutti i sacerdoti della nostra Diocesi, perché possano vivere per primi la bellezza della Chiesa e guidare la comunità cristiana ad un’esperienza profonda del suo mistero. La Chiesa possa essere la vostra casa. La vostra casa possa essere una Chiesa».

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