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Cronaca
Venerdì 20 Marzo 2009
La carta geografica? Nel '500
si faceva dal campanile
I primi manoscritti che fotografano la Bergamasca risalgono al '500. Allora le carte geografiche si facevano dal campanile, e si sceglieva un'altura per calcolare le distanze. Grazie a Emilio Moreschi, benemerito degli studi sulla cartografia bergamasca, viene presentata dalla Provincia una cartella con quattro mappe in grandissima scala.
All'interno i link per scaricarne alcune
Benemerito degli studi sulla cartografia bergamasca è Emilio Moreschi, collezionista e «appassionato cultore» della materia. Nel 2001, Moreschi procura un'edizione delle dieci più importanti carte geografiche a stampa del territorio bergamasco, dal 1620 al 1820. Nel 2005, in collaborazione con Lelio Pagani, pubblica un libro/album, con ricco corredo iconografico, su La Lombardia e la Bergamasca. Rappresentazioni cartografiche sec. XVI-XIX (Edizioni dell'Ateneo).
Ora è la volta di una cartella che riproduce, in scala grandissima, quattro carte manoscritte di questa stessa provincia. Dalla «più antica» a noi giunta, stesa da Giulio Sorte nel 1575, a quella di Pietro Redolfi del 1718. La cartella, stampata a cura della Provincia di Bergamo, sarà presentata questo pomeriggio alle 18,30, nella Sala Viterbi del palazzo di via Tasso. Interverranno, oltre a Moreschi, Tecla Rondi, assessore alla Cultura, e Valerio Bettoni, presidente della Provincia. Nell'occasione verrà presentata anche la riedizione della cartella del 2001, ormai andata esaurita e da più parti richiesta.
Signor Moreschi, come ha scelto le carte da riprodurre? «Dopo l'edizione delle principali carte a stampa del territorio bergamasco, ho voluto in questa nuova cartella presentare le carte manoscritte, su cui era partita la cartografia bergamasca. Ho inserito la prima, del 1575, che è a Venezia. Poi quella attribuibile a Cristoforo Sorte, ora al Museo Bernareggi, ed ivi identificata da Lelio Pagani e da me. Poi un'altra carta di fine ‘500 direttamente riconducibile alle prime due. Infine quella del Redolfi, del ‘700. Tutte carte manoscritte che segnano la storia della cartografia bergamasca. Ne esistono pochissime riproduzioni, per cui sembrava opportuno metterle a disposizione del pubblico».
Dalla prima cinquecentesca ancora manoscritta all'ultima del 1820, che cosa cambia nella rappresentazione del territorio? «Già Cristoforo Sorte non era un cartografo da tavolino. Esce e fa delle triangolazioni. La stessa prima carta è abbastanza attendibile. Poi sono state messe a punto un po' le distanze, ma già in partenza Bergamo ha avuto una cartografia piuttosto fedele. La nostra è una delle province che partono con una cartografia ben fatta. I suoi confini naturali, in fondo, non sono cambiati nei secoli. A Nord le montagne, a ovest l'Adda, a est l'Oglio, a Sud il "fosso bergamasco". Una realtà geografica che non è cambiata se non per il passaggio della Valle Camonica a Brescia nel 1859. Certo ci sono stati miglioramenti e variazioni. Le montagne, nel ‘500, sono indicate con "coni di talpa". Poi le catene vengono meglio rappresentate, la parte dei fiumi è più accurata».
Le strade? «C'è qualche indicazione anche sulle carte del Cinquecento. Nella terza carta manoscritta, fine XVI secolo, è indicata la strada Priula, appena nata, che finisce nella Casa di San Marco, costruita solo pochi anni prima».
Cosa cambia nei sistemi di rilevazione? «Non moltissimo. Facevano triangolazioni, andavano su una montagna, sui campanili e "tiravano", traguardavano, calcolavano i gradi, con strumenti appositi. Che in seguito, sino all'800, sono diventati più precisi, con quadranti, telescopi ed altro. All'inizio erano solo livelle a lista. Però il sistema, grosso modo, era lo stesso».
Oggi? «Siamo arrivati al gps, al satellite, è tutto cambiato. Ma, sino alla metà del ‘900, i sistemi erano grosso modo ancora quelli. Pur con i sistemi satellitari, vediamo che la rappresentazione della provincia di Bergamo, nella sostanza, non è cambiata di molto. L'avevano disegnata bene».
Le carte avevano una forte utilità militare? «Assolutamente. Per questo, in alcuni periodi, sono state tenute segrete. Chi conosceva carte e strade poteva più agevolmente invadere il territorio. C'è una carta del Mortier (Amsterdam, 1704, ndr) che indica quanti soldati si potevano arruolare nella città e provincia di Bergamo. Diversi cartografi, tra ‘600 e ‘700, andavano in giro a raccogliere informazioni per governi stranieri».
La committenza viene dal potere? «Sempre. Per questo la carta era tenuta riservata, vietata la circolazione di informazioni. Il privato ordinava, tutt'al più, il cabreo della sua tenuta».
Valore commerciale? «I manoscritti non hanno valore commerciale, non vengono messi sul mercato. Le carte a stampa hanno un valore di diverse migliaia di euro».
Lei parla bene, a fini cartografici, degli Austriaci. Sintomo ulteriore di una buona amministrazione? «La buona amministrazione nasce anche dalla conoscenza del territorio».
Nel libro lei ha riprodotto anche schizzi di Leonardo delle Valli Brembana e Seriana. «Leonardo è stato il primo che ha tracciato schizzi delle valli bergamasche. Era a Vaprio ospite dei conti Melzi. Francesco era suo allievo. In questi schizzi traccia, in miglia, la distanza fra un paese e l'altro».
Vincenzo Guercio
I LINK (ogni immagine ha un perso di 4-5 Mb)
La provincia di Bergamo
Il lago d'Iseo
Val Imagna e Val San Martino
Un particolare per l'indicazione della scala
Le valli bergamasche
Val Cavallina e lago d'Iseo
Valli Imagna, Brembana e Taleggio
La valle di Scalve
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