Nei giorni scorsi le due parti avevano delineato una dinamica certa - la lite e l'accoltellamento - divergendo però al momento di interpretare l'intenzionalità dei fendenti: secondo l'accusa Safi avrebbe colpito di proposito, per la difesa invece si sarebbe trattato di una tragedia involontaria. Il gup ha dato ragione al pm, con una pena inferiore solo di tre anni rispetto a quella richiesta.
Vittima e assassino avevano una relazione e proprio nella sfera sentimentale è stato ricercato il movente del delitto. Lui, dopo aver convissuto con lei mentre la consorte era in Tunisia, sembrava averci ripensato, dicendosi intenzionato a riprendere la vita matrimoniale. Lei si era opposta a questa decisione, innescando così la reazione violenta del nordafricano.
L'omicidio è accaduto nella tarda mattinata del 9 giugno 2007 nel monolocale al 27 di via Moroni in cui il marocchino viveva con la consorte e i due figlioletti. I due avevano cominciato a litigare fino a quando Safi, che quella mattina aveva sniffato parecchia cocaina, non aveva afferrato un coltello sferrando diversi fendenti, fra cui due all'addome che si erano rivelati letali per Alessandra. «Ho perso la testa, non volevo ucciderla - aveva detto in carcere il ventiseienne -. Non so cosa mi è preso: abbiamo iniziato a discutere, poi non mi ricordo più cosa è successo. So solo che mi sono trovato improvvisamente con un coltello insanguinato in mano; a terra c'era Alessandra ferita». Era stato lo stesso Safi a chiamare la polizia: «Ho ferito una persona, venite». Quando era giunta l'ambulanza del 118 la giovane era riversa su una poltrona, priva di sensi. Il medico per più di mezz'ora aveva cercato di rianimarla, ma ogni tentativo s'era rivelato vano. Alessandra Mainolfi, che era originaria di Campobasso ma che abitava a Pradalunga con la madre e la sorella, è morta a causa delle due coltellate all'addome.
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