Le testimonianze sono state rese nell’ambito di uno stralcio del processo contro le numerose persone che, a vario titolo, erano state individuate dalla procura distrettuale antimafia di Brescia come coloro che avrebbero contribuito all’evasione e alla successiva latitanza: in particolare davanti al Collegio del Tribunale di Bergamo presieduto dal giudice Valeria de Risi, a latere Maria Luisa Mazzola e Stefano Storto, sono imputati Salvatore Cannella, cugino di Radosta, difeso dall’avvocato Vincenzo Castellano di Sciacca, e Roberta Rinaldi, moglie di Stefano Milioti, amico di Radosta e già processato per favoreggiamento a Brescia, difesa dall’avvocato bresciano Sara Girelli. Cannella è accusato di corruzione per aver materialmente consegnato duecento milioni di lire all’ex agente penitenziario Raffaele Di Simone, per favorire l’evasione; invece la Rinaldi deve rispondere di favoreggiamento, per aver ospitato insieme al marito a Torino i due fuggiaschi e aver poi fatto loro dei bonifici.
Nella sua deposizione Radosta ha precisato che «qui la mafia non c'entra e io non c'entro con quell'ambiente, la fuga l’abbiamo organizzata perché volevo la libertà». Sollecitato dalle domande del pm in aula, Manuela Cantù, Radosta ha ripercorso le fasi della sua evasione, dall'«accordo con Di Simone» alla fuga a Clusone, poi a Torino, in Spagna e infine in Marocco. Diversa la versione di Leitner che imputa a Radosta di aver fatto tutto lui in un'evasione «organizzata ad alti livelli della mafia e nella quale io sono capitato per caso e non ho pagato nulla. De Simone? Solo manovalanza, credo che ci fossero altri coinvolti nel carcere». Confermati i trasferimenti a Clusone, Torino e in Spagna «ma non ho mai conosciuto Cannella e la Rinaldi non sapeva nulla di noi».
LE TAPPE DELLA VICENDA
14-15 ottobre 2004 - Emanuele Radosta e Max Leitner, con la complicità di una guardia penitenziaria del carcere di Bergamo evadono e si danno alla macchia, fuggendo inizialmente verso Clusone e poi a Torino. Nei giorni successivi, mentre sono in corso le ricerche, Raffaele Di Simone, agente di custodia, viene indagato per procurata evasione.
30 ottobre 2004 - I due evasi lasciano l’Italia in auto, e raggiungono Valencia, dove si trattengono alcuni giorni. Poi la fuga prosegue fino a Rabat, in Marocco. Lì restano latitanti fino a fine dicembre dello stesso anno, quando vengono arrestati e portati nel carcere locale. Qualche tempo dopo l’estradizione in Italia, dove sono ora detenuti.
Aprile 2005 - L’ex agente di custodia Raffaele Di Simone davanti al gup di Bergamo patteggia due anni e sei mesi di reclusione per aver favorito Leitner e Radosta nell’evasione, fornendo loro una scala e due telefoni cellulari, oltre che aprendo loro le porte del carcere.
27 giugno 2007 - Leitner e Radosta vengono condannati per evasione dal gup di Brescia a tre anni e otto mesi (condanna ridotta di 4 mesi e pendente in Cassazione per Leitner), Di Simone viene condannato ad altri due anni per episodi di spaccio in carcere. Vengono condannate (per partecipazione a vario titolo nelle fasi dell’evasione) altre 13 persone, alcune vengono mandate a giudizio e 4 vengono invece prosciolte.
Prossima udienza l’11 marzo, con la deposizione degli imputati.
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