«A chi mi domandasse “che veleno è questo?” io risponderei senz'altro: è la miseria col troppo lavoro, e è la miseria congiunta alla moralità e alla abnegazione». Parole e musica di Filippo Lussana (cui è dedicato il liceo scientifico in città) che così scriveva in una memoria del 1881 all'Istituto Veneto di scienze, riguardo la coltivazione del mais.
Lussana fu medico condotto e direttore dell'Ospedale Civile di Gandino fra il 1850 e il 1860, e qui fu pioniere delle indagini epidemilogiche fra i contadini, stabilendo una stretta connessione fra alimentazione e malattie sociali. Spiegò che le malattie diffuse al tempo (ad esempio la pellagra) erano legate al poco equilibrio nutrizionale. Per questo si battè con vigore per eliminare la tassa sul sale, che mancava ai più poveri. Insomma a “far male” non era certo la polenta, quanto il contesto di povertà e duro lavoro delle campagne bergamasche.
Un contesto, che quasi due secoli dopo, è ovviamente cambiato e proprio a Gandino vive una seconda giovinezza: la polenta, o meglio il mais spinato (la varietà tipica e pregiata oggetto di un articolato progetto di salvaguardia) fa bene all'economia in tempi di crisi. Dal 2008 Comune e Pro Loco (ora affiancati dalla neonata Comunità del Mais Spinato di Gandino) hanno rilanciato la coltivazione e la proposta di prodotti tipici, coinvolgendo coltivatori ed esercizi commerciali.
Il supporto scientifico dell'Unità di Maiscultura di Bergamo, con in prima fila Paolo Valoti, ha fatto sì che il progetto finisse in maniera significativa nelle attività attualmente in corso di Bergamo Scienza. Mercoledì 16 ottobre (Giornata Mondiale dell'Alimentazione decretata dalla FAO, organismo delle Nazioni Unite) a Gandino prende il via per questo un corso base di agricoltura organica sostenibile su piccola scala, che approfondirà in tre giorni di studio il metodo di coltivazione biointensivo.
«Abbiamo ospiti in Val Gandino – spiega Filippo Servalli, presidente della Comunità del Mais di Gandino – i docenti sudamericani Juan Manuel Martinez Valdez (Messico) e Maurizio Bagatin (Bolivia). Abbiamo esaurito in pochi giorni i 24 posti disponibili, formando tre diversi gruppi di lavoro. Sono arrivati corsisti dalla Val Seriana e da Milano, ma anche da Lecco e Crema. Ci sono agricoltori, periti agrari, operai disoccupati, ma anche architetti e geometri. E' un “ritorno alla terra” che non si lega solo al tema turistico ed enogastronomico, ma una linea di sviluppo ben identificabile. Con il progetto Mais Spinato lavoriamo nell'ottica di Expo 2015, ma puntiamo anche alla realizzazione di un orto bio in paese. Non a caso le lezioni pratiche del corso di questi giorni si terranno presso l'antica Ciodera Torri, recentemente recuperata grazie ai fondi del GAL Valli e Laghi dal Comune di Gandino. Vogliamo avviare un progetto che preveda la coltura biointensiva quale mezzo di rivalutazione dei luoghi di lavoro. Teniamo conto che il 2014 sarà l'anno internazionale dell'orto domestico».
A Gandino lo slogan è chiaro e forte: guardando al passato, si vede il futuro.
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