L'ultimo saluto nella palestra del Cai
Enrico e Domenico sono al Palamonti

I feretri dei due alpinisti bergamaschi morti sabato scorso sul Resegone sono finalmente stati portati nella sede del Cai di Bergamo dov'è allestita la camera ardente. Le salme di Enrico Villa e Domenico Capitanio sono arrivate al Palamonti alle 17.25.

I feretri dei due alpinisti bergamaschi morti sabato scorso sul Resegone sono finalmente stati portati nella sede del Cai di Bergamo dov'è allestita la camera ardente. Le salme di Enrico Villa e Domenico Capitanio sono arrivate al Palamonti alle 17.25. Il primo a scendere dalle vetture dei familiari che hanno accompagnato il carro funebre è stato Claudio Villa, padre di Enrico, visibilmente scosso e con gli occhi lucidi.

La camera ardente del Palamonti si è subito riempita. Sono arrivati poco dopo le salme i familiari delle due vittime. Oltre al papà di Enrico, Claudio, sono arrivati anche la moglie di Domenico Capitanio, Maria, le figlie Elena e Laura e i nipotini. Anche la sorella di Enrico, Elena, ha appena portato il suo saluto al fratello.

Nella camera ardente lo stendardo del Cai accoglie i due feretri disposti sul pavimento in modo molto semplice, uno vicino all'altro.

Sin dal primo pomeriggio di lunedì, comunque, tante persone si erano recate al Palamonti per far visita alle salme di Enrico Villa e Domenico Capitanio e portare le condoglianze ai famigliari ma hanno dovuto rinunciare perché il via libera al rientro delle salme è slittato. Chi invece non ha abbandonato nemmeno per un attimo la sede in attesa delle salme dei suoi due collaboratori è stato il presidente Pier Mario Marcolin, scosso e abbattuto per la perdita di due amici.

«Enrico Villa l'ho visto crescere - racconta Marcolin - perché è arrivato al Cai che era ancora un bambino. Ero già molto amico dei suoi genitori per cui anche con lui ho subito stretto un rapporto molto forte. Di Enrico mi ha sempre colpito il suo essere sempre di parola: tutte le volte che si prendeva un impegno più o meno importante, sia professionale che personale, lui lo portava a termine nei tempi in cui aveva promesso e al meglio delle sue capacità. E poi c'era quel suo essere generoso, disponibile, voglioso di fare ed estremamente prudente in tutte le sue gite che lo rendeva speciale. Mi parlava spesso della sua bellissima casa di Bormio da dove partiva per alcune gite sulle montagne intorno: le vette erano il suo habitat in tutte le stagioni sia con gli sci ai piedi d'inverno che con un paio di scarponi d'estate. Un altro aspetto che mi colpiva di lui era l'entusiasmo e la serenità con cui viveva la sua vita in qualunque tipo di situazione si trovasse e sorridevo di contentezza tutte le volte che vedevo la coppia d'oro che formava insieme a Capitanio».

Anche di Domenico il presidente Marcolin ha un ricordo splendido: «Di lui mi piace sottolineare lo spirito da uomo di montagna che aveva e la manualità con cui lavorava il legno. Aveva un cuore d'oro e si dilettava in piccole sculture come presepi, che poi esponeva per raccogliere fondi da inviare in Malawi». Capitanio era di Treviolo e il sindaco Gianfranco Masper lo conosceva molto bene: «Non appena ho appreso la notizia - commenta il primo cittadino di Treviolo - non volevo crederci. E ancora adesso faccio fatica a capacitarmi del fatto che un uomo così prudente abbia perso la vita in montagna. Sapevo che per il Cai si sacrificava moltissimo ma anche qui in paese non appena poteva essere d'aiuto si metteva a disposizione».

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