Aborto, divorzio, omosessualità
Papa Francesco invita alla misericordia

Lunga intervista con Civiltà Cattolica. «Nella vita Dio accompagna le persone, e noi dobbiamo accompagnarle a partire dalla loro condizione», siano esse divorziati, risposati o gay. Misericordia se una donna ha abortito ed è pentita. Ai vescovi: non si cada nel carrierismo.

La Chiesa del buon Samaritano, capace di «chinarsi sulle ferite». Più «ospedale da campo» che «laboratorio». Sempre in frontiera, fatta di pastori e non di «chierici di Stato», pronta ad ascoltare i «dubbi» dei veri profeti. E a guidarla un Papa che dai suoi errori ha imparato a non essere «autoritario», che mette il «Vangelo puro» prima delle riforme, che non giudica i gay, e per loro predica misericordia, come anche per i divorziati risposati e le donne che hanno abortito. E che intende il dialogo ecumenico anche come possibilità di imparare dagli altri cristiani, che pensa a cambiare il metodo di lavoro del sinodo e vuole che i dicasteri romani siano «al servizio del Papa e dei vescovi». Un papa gesuita, quindi capace di «discernimento» e di «creatività».

Questa la Chiesa di Papa Francesco, a sei mesi dall'elezione, come emerge da una amplissima intervista del Papa latinoamericano al direttore di «Civiltà cattolica», Antonio Spadaro, frutto di tre colloqui distinti, e che sarà pubblicata in diverse riviste gesuite.

L'intervista è davvero a tutto campo, e fornisce un quadro prezioso delle idee e della storia del Pontefice, dei suoi rapporti con la spiritualità gesuita, spiega molto di ciò che è stato Bergoglio e di ciò che potrebbe essere la sua riforma della Chiesa. «Il mio modo autoritario e rapido di prendere decisioni - racconta - mi ha portato ad avere seri problemi e a essere accusato di essere ultraconservatore». Un'esperienza difficile che oggi mette a frutto: ha capito quanto sia importante «la consultazione»: «i Concistori, i Sinodi sono, ad esempio, luoghi importanti per rendere vera e attiva questa consultazione. Bisogna renderli però meno rigidi nella forma. Voglio consultazioni reali, non formali». Quanto ai dicasteri romani, «sono mediatori, non gestori». «Molti, ad esempio, - osserva il Papa chiarendo l'importanza dell'esercizio del discernimento, richiesto da sant'Ignazio, fondatore dei gesuiti - pensano che i cambiamenti e le riforme possano avvenire in breve tempo. Io credo che ci sia sempre bisogno di tempo per porre le basi di un cambiamento vero, efficace. E questo è il tempo del discernimento. E a volte il discernimento invece sprona a fare subito quel che invece inizialmente si pensa di far dopo. Ed è ciò che è accaduto anche a me in questi mesi».

Tutta da leggere la parte sul tempo come luogo dove incontrare Dio, anziché cercare «spazi da occupare». Molto ampia la parte dell'intervista dedicata alla Chiesa, che non è «una piccola cappella che può contenere solo un gruppetto di persone selezionate. Non dobbiamo ridurre il seno della Chiesa universale a un nido protettore della nostra mediocrità» afferma con forza Papa Bergoglio. E qui la richiesta della Chiesa del Samaritano, che si china sulle ferite, di pastori misericordiosi.

«Le riforme organizzative e strutturali sono secondarie, cioè vengono dopo. La prima riforma deve essere quella dell'atteggiamento. I ministri del Vangelo devono essere persone capaci di riscaldare il cuore delle persone, di camminare nella notte con loro, di saper dialogare e anche di scendere nella loro notte, nel loro buio senza perdersi. Il popolo di Dio vuole pastori e non funzionari o chierici di Stato».

Papa Francesco spiega anche perché non insiste sui temi morali, come invece gli è stato rimproverato: una pastorale missionaria, «non è ossessionata dalla trasmissione disarticolata di una moltitudine di dottrine da imporre con insistenza». E ripropone una serie di considerazioni sulla Chiesa misericordiosa, feconda e madre, con espressioni efficaci e felici, quale «il confessionale non è un luogo di tortura».

Molto spiega del papa latinoamericano il suo «gesuita preferito», quel Pietro Favre compagno di stanza di Ignazio negli anni di studio alla Sorbona. Il gesuita oggi vestito di bianco ne descrive così i tratti più impressivi: «Il dialogo con tutti, anche i più lontani e gli avversari; la pietà semplice, una certa ingenuità forse, la disponibilità immediata, il suo attento discernimento interiore, il fatto di essere un uomo di grandi e forti decisioni e insieme capace di essere così dolce».
Giovanna Chirri (ANSA).

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