Cronaca
Venerdì 30 Agosto 2013
Uno studio: «L'aumento dell'Iva
penalizzerà i meno abbienti»
Chiusa la questione Imu, è già l'Iva ad agitare i sonni dei politici italiani e soprattutto dei cittadini. Con un eventuale aumento dell'Iva, le famiglie meno abbienti saranno quelle più penalizzate.
Chiusa la questione Imu, è già l'Iva ad agitare i sonni dei politici italiani e soprattutto dei cittadini. Con un eventuale aumento dell'Iva, le famiglie meno abbienti saranno quelle più penalizzate.
In termini assoluti saranno però i percettori di redditi elevati a subire l'aggravio di imposta più pesante. Infatti, ad una maggiore disponibilità economica si accompagna una più elevata capacità di spesa.
La situazione tuttavia si trasforma completamente se si confronta, come ha fatto l'Ufficio studi della CGIA, l'incidenza percentuale dell'aumento dell'Iva sullo stipendio netto annuo di un capo famiglia.
Ebbene, l'eventuale aumento dell'imposta peserà maggiormente sulle retribuzioni più basse e meno su quelle più elevate. A parità di reddito, inoltre, i nuclei famigliari più numerosi subiranno gli aggravi maggiori.
"Bisogna assolutamente trovare la copertura per evitare questo aumento - afferma Giuseppe Bortolussi, segretario della CGIA di Mestre - non si possono penalizzare le famiglie ed in particolar modo quelle più in difficoltà. Nel 2012 la propensione al risparmio è scesa ai minimi storici. Se dal primo ottobre l'aliquota ordinaria del 21% salirà di un punto, subiremo un ulteriore contrazione dei consumi che peggiorerà ulteriormente il quadro economico generale. È vero che l'incremento dell'Iva costa 4,2 miliardi di euro all'anno, ma questi soldi vanno assolutamente trovati per non fiaccare la disponibilità economica delle famiglie e per non penalizzare ulteriormente la domanda interna".
Le simulazioni realizzate dalla CGIA riguardano tre tipologie famigliari (single, lavoratore dipendente con moglie e un figlio a carico, lavoratore dipendente con moglie e 2 figli a carico). Per ciascun nucleo sono stati presi in esame 7 fasce retributive: in relazione alla spesa media risultante dall'indagine Istat sui consumi delle famiglie italiane, su ognuna è stato misurato l'aggravio di imposta in termini assoluti e l'incidenza percentuale dell'aumento dell'Iva su ogni livello retributivo.
In queste simulazioni si sono tenute in considerazione le detrazioni e gli assegni familiari per i figli a carico, le aliquote Irpef e le addizionali regionali e comunali medie nazionali. A seguito dell'aumento dell'aliquota Iva al 22%, si è ipotizzata una propensione al risparmio nulla per la prima fascia di reddito, pari al 2,05% per il reddito annuo da 20.000 euro, del 4,1% per quella da 25.000 euro e dell'8,2% per le rimanenti fasce di reddito.
Quest'ultima percentuale corrisponde al dato medio nazionale calcolato dall'Istat nell'ultima rilevazione su base nazionale. In buona sostanza si è ipotizzato che a fronte dell'aumento dei prezzi di beni e servizi a ridurre le spese saranno principalmente le fasce di reddito medio-alte.
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