Cronaca
Mercoledì 05 Giugno 2013
L'intervista - Curare le malattie
deve essere un diritto per tutti
Durante l'assemblea generale della Società Internazionale di Nefrologia, il presidente uscente dell'ISN, John Feehally, ha passato il testimone al suo successore, Giuseppe Remuzzi.
In questa intervista, il nuovo presidente del'ISN illustra gli obiettivi per i prossimi due anni.
Quando è entrato a far parte dell'ISN e per quale motivo?
«Sono entrato nell'ISN nel 1984, ma solo nell'autunno del 1992 son diventato un membro attivo, precisamente quanto Ike Robinson mi chiamò e mi invitò ad unirmi all'Advisory Program Commitee dell'ISN per il XII Congresso Internazionale di Nefrologia a Gerusalemme. Il Comitato, presieduto da Barry Brenner, proponeva un programma scientifico completamente nuovo che fu di grande successo e la mia partecipazione è stata un momento fondamentale che ha segnato il mio impegno futuro nell'ISN. Da quel momento sono stato in stretto contatto con Barry Brenner, Roberto Schrier e John Dirks, con cui abbiamo a lungo discusso del futuro della nefrologia, che secondo noi doveva guardare di più ai pazienti più poveri. Per questo bisognava orientare di più l'ISN nella difesa della salute globale. Incoraggiato da Barry Brenner e John Dirks sono stato coinvolto nel programma COMGAN (Commission of Global Advancement of Nephrology, oggi denominato Global Outreach Program), che rappresentò l'inizio di un approccio alla salute pubblica su scala mondiale. Pochi anni dopo, quando il COMOGAN era sotto la leadership di John Dirks, abbiamo ritenuto opportuno avviare programmi di prevenzione nei Pesi in via di sviluppo, con l'obiettivo di prevenire la progressione delle malattie renali in zone dove la dialisi e il trapianto non erano disponibili. Questi programmi sono stati poi formalizzati e inseriti all'interno della Research and Prevention Commitee, che ho presieduto per parecchi anni».
Nel suo lavoro la scienza di base ha un ruolo molto importante. A suo avviso, cos'è necessario per importare le nuove conoscenze derivate dalla scienza di base nella pratica clinica, sia nei Paesi sviluppati che in quelli i via di sviluppo?
«Grazie al contributo della ricerca clinica e di base, i risultati raggiunti negli ultimi dieci anni dai nefrologi nella promozione della prevenzione, diagnosi e cura delle malattie renali a livello mondiale sono stati notevoli. Ciò che mi sta molto a cuore, e che costituirà il maggior impegno della mia presidenza, è l'attenzione massima nel divulgare a livello globale i risultati delle ricerche e nel diffondere più velocemente possibile le nuove conoscenze ed opportunità di diagnosi, di prevenzione e cura nei Paesi poveri e in via di sviluppo.
Credo che sia necessario il massimo impegno nei Paesi in via di sviluppo, in particolar modo nelle nazioni particolarmente povere, dove vi è carenza di nefrologi, e dove si deve sviluppare la capacità di diagnosi precoce e aumentare la possibilità di curare le malattie renali. Il coinvolgimento dell'ISN nel campo dell'educazione e della formazione è stato molto significativo, con numerose iniziative che voglio continuare a supportare. Mi riferisco in particolar modo ai corsi di educazione continua in medicina, che contribuiscono alla formazione annuale di circa 12.000 medici e personale medico nel mondo; il programma di Educational Ambassador che permette ai centri dei Paesi emergenti di sfruttare la presenza e la collaborazione di un esperto per percorsi di formazione specifici; il programma Sister Renal Center, che promuove la cooperazione tra centri di nefrologia del mondo.
L'ISN dovrebbe inoltre supportare la ricerca clinica, almeno nei Paesi a medio reddito, dove le risorse potenziali esistono. Infatti i Paesi in via di sviluppo che hanno rafforzato con successo la loro capacità scientifica si sono dimostrati abili nello sfruttare le conoscenze acquisite dai propri medici e scienziati e ad utilizzarle per far fronte ai problemi sociali. La maggior criticità in questa direzione è rappresentata dalla difficoltà nel creare contatti tra università e ospedali, in gran parte finanziati dal governo e dai privati, che rimangono deboli nella gran parte dei Paesi in via di sviluppo. Per promuovere la ricerca in questo campo, l'ISN dovrebbe stimolare il settore privato ed incoraggiare la creazione di partnership durature tra università, ospedali (e possibilmente governi) ed organizzazioni private nascenti. Questo sta iniziando a prender piede in molti paesi, in particolare Brasile, Cina e India e in misura minore in Malesia e in Sud Africa, ma il ritmo delle riforme deve accelerare se vogliamo diminuire il divario tra Nord e Sud».
Cosa vuole mettere al centro della sua presidenza?
«Vorrei fortemente che l'ISN promuovesse un programma di ampia portata denominato "Promozione della Salute Materno-Infantile", con lo scopo di affrontare le patologie in maniera radicale. L'ipotesi dell'origine fetale delle malattie croniche non trasmissibili nella popolazione adulta, come l'ipertensione arteriosa sistemica, il diabete e le malattie renali croniche (CKD) ha trovato conferme a livello sperimentale ed epidemiologico durante l'ultimo ventennio. E' documentato che il basso peso alla nascita è responsabile dei cambiamenti strutturali del rene, come un ridotto numero di nefroni, che può aumentare la suscettibilità al danno renale per malattie come l'ipertensione e diabete. Il legame tra il basso peso alla nascita e le malattie renali croniche può inoltre esser dovuto a condizioni intrauterine avverse. Prematurità e basso peso alla nascita sono frequenti nei Paesi in via di sviluppo; questi meccanismi fanno sì che molti bambini siano a rischio di sviluppare insufficienza renale cronica e malattie cardiovascolari da adulti.
Durante la mia presidenza vorrei porre una particolare accento attenzione all'insufficienza renale acuta nei Paesi poveri e in via di sviluppo. Paesi ad alto reddito l'insufficienza renale acuta (che consiste in una improvvisa e rapida perdita della funzione renale, da cui può guarire completamente) spesso può essere sprevenuta, può essere diagnosticata tempestivamente, e per il tempo in cui i reni non funzionano si può fare la dialisi. Nei paesi poveri tutto questo non c'è: non si fa prevenzione o diagnosi tempestiva, e non esiste praticamente la possibilità di offrire ai pazienti la dialisi. La sfida per la comunità nefrologica internazionale è quella di supportare lo sviluppo di strategie nei Paesi a basso reddito che permettano diagnosi tempestive dell'insufficienza renale acuta e garantiscano l'accesso a trattamenti di sostituzione della funzione renale per quei pazienti con malattie potenzialmente reversibili. Dovrebbe essere moralmente inaccettabile che delle persone, soprattutto giovani, continuino a morire per insufficienza renale acuta non curata. In questo contesto vorrei lanciare una nuova iniziativa legata alla mia presidenza, che potrebbe essere seguita da altre. La mia sarà "0 by 25".
La prevenzione e la cura dell'insufficienza renale acuta dovrebbe essere considerata un diritto umano, al pari delle cure per l'AIDS. L'ISN deve sostenere una campagna per cui nessuno più dovrebbe morire per insufficienza renale acuta nelle zone più povere dell'Africa, Asia e America del Sud entro il 2025. Questa campagna richiede il sostegno dei Ministri della Salute, così come di sistemi di governance robusti per poter attuare decisioni. Per far ciò si potrebbe anche sfruttare la collaborazione con l'OMS che abbiamo sviluppato negli ultimi anni».
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