Cronaca / Bergamo Città
Lunedì 22 Aprile 2013
«Per curare il disagio
serve il confronto»
Una tragedia che solo a raccontarla dà angoscia. Una tragedia che ha travolto tutti, e di cui nessuno aveva avuto sentore. «Purtroppo i momenti della estrema sofferenza interiore sono spesso così, improvvisi. E imprevedibili. Andrebbe chiarito se questa giovane mamma avesse problemi psichiatrici e se questi fossero stati valutati, se oltre a un sostegno psicologico le fosse stata anche prescritta una terapia farmacologica, che per alcune situazioni diventa necessaria», evidenzia Bruno Vedovati, sociologo, coordinatore del consultorio Zelinda di Trescore Balnerario.
Alessia adorava la figlia. Ma soffriva di depressione, è emerso, ed era seguita da uno psicologo. Il parto, la preoccupazione per la sua malattia alla tiroide, la sofferenza per la perdita della madre: eventi che, tutti insieme, possono essere risultati un fardello insopportabile per la giovane mamma?
«Si coglie, dagli stessi gesti con cui si è consumata questa tragedia, una enorme sofferenza interiore. Che si è manifestata con una drammaticità altrettanto enorme. È innegabile che se questa donna aveva problemi psicologici, la serie di eventi che si è trovata ad affrontare possono aver acuito la sua situazione di disagio».
Eppure questa donna non era sola, i familiari le stavano accanto con affetto e attenzione, proprio nel momento delicato che stava affrontando.
«Può sembrare eccessivo insistere, ora, sul fatto che la solitudine interiore nei periodi, per esempio, che seguono al parto, anche molti e molti mesi dopo, non andrebbe mai sottovalutata. L'evento della nascita di un figlio, nella grande gioia che lo accompagna, è comunque un evento che scompagina completamente l'equilibrio di una coppia, delle famiglie, e soprattutto e in primo luogo della mamma. E la vicinanza del partner, la condivisione delle fatiche che si devono affrontare, l'affetto e il sostegno di familiari non sempre bastano».
Sarebbe opportuno quindi imparare, seguiti da esperti, a gestire questa nuova fase della vita?
«Credo che per una giovane mamma sia sempre un aiuto importante frequentare il confronto con gli altri: la vita insieme al figlio neonato, soprattutto quando si è già in condizioni di fragilità, può risultare una condizione di isolamento che fa risultare insopportabili fatiche, problemi, eventi luttuosi, malattie. Ascoltare invece in un luogo apposito, le esperienze degli altri, può servire a "sgonfiare" quelli che sembrano problemi insopportabili. Certo, deve essere un ascolto "guidato" e gestito da esperti. Ma un confronto nelle sedi più opportune, per esempio in un consultorio dove si organizzano momenti di condivisione tra altre giovani mamme, può essere anche l'occasione per cogliere, da parte degli esperti, segnali che se curati in tempo non fanno scivolare dalla fragilità interiore alla assoluta disperazione».
Segnali che possono sfuggire anche ai familiari che stanno accanto a chi soffre?
«Sì, ma che invece gli esperti che lavorano proprio sul disagio psicologico sono in grado di vedere. E che se colti, possono permettere di indirizzare la persona che è in condizioni di sofferenza verso un tipo di aiuto più strutturato, come un'analisi o sedute psicologiche specifiche. O, quando si è davanti a patologie più complesse, a un disagio di tipo psichiatrico, anche verso terapie farmacologiche. A volte necessarie proprio per evitare che la persona che sta già soffrendo molto interiormente non arrivi a momenti drammatici come quelli che deve aver vissuto questa giovane mamma. Momenti nei quali è la sola sofferenza a guidare verso gesti tragici e ultimativi, in cui si agisce nella inconsapevole convinzione che esclusivamente azioni ineluttabili possono liberarti dal dolore interiore: sono attimi di estrema richiesta di aiuto».
Carmen Tancredi
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