Cronaca / Bergamo Città
Sabato 09 Marzo 2013
Il cantautore Ravasio «disperso»
Ospedale nuovo, un vero labirinto
«Pure Guglielmo di Baskerville si sarebbe perso nel labirinto del nuovo ospedale cittadino». Più facile orientarsi nella biblioteca dell'abbazia ideata da Umberto Eco. Lo scrive in una lettera al nostro giornale il cantautore bergamasco Luciano Ravasio.
«Pure Guglielmo di Baskerville si sarebbe perso nel labirinto del nuovo ospedale cittadino. Il perspicace frate francescano, cui dà vita Sean Connery nel Nome della rosa, avrebbe avuto più difficoltà di orientamento fra le torri del Papa Giovanni XXIII, che tra quelle della biblioteca dell'abbazia ideata da Umberto Eco».
Lo scrive in una lettera al nostro giornale il cantautore bergamasco Luciano Ravasio. «Lo dico per consolarmi, dopo essermi sentito autolesionisticamente il più maldestro degli umani nella nuova struttura ospedaliera. Iniziamo dai parcheggi. Arrivo e trovo transennato, perché completo, il parcheggio principale all'aperto... Mi oriento istintivamente verso una struttura che per mia fortuna è il parcheggio coperto. Due piani riparati a loro volta stracolmi, con signore che abbassano il finestrino per chiedermi come uscire da quel circuito e guadagnare la terrazza superiore... che dopo varie circonvoluzioni finalmente ci appare. In diversi scendiamo con l'ascensore al piano terra, ma non c'è uscita... Una porta di ferro reca la scritta: «Privato», un'altra è segnalata come una via di fuga in caso d'emergenza.
Non so i miei compagni d'avventura... Io dò una rapida occhiata a delle pareti già scrostate e attraverso di nuovo il parcheggio coperto.
Nel complesso, una volta all'interno, me la sono cavata senza infamia a parte qualche difficoltà dovuta alla mia mancanza di orientamento; tant'è che alcuni operai mi hanno gentilmente spiegato («... ma lü l'è mia ol cantante...») che mi trovavo agli antipodi della torre in cui era situato l'ambulatorio di cui ero in traccia. Anche lì ci ho rimesso il turno a capire che lo sportello dei pagamenti lo dovevo individuare sugli schermi, dato che vi erano aperture non allineate, ma dislocate sui lati di una struttura quadrangolare (il mio numero era già passato, e qui dico mea culpa).
Così come faccio di nuovo ammenda per aver cercato di guadagnare il parcheggio più in fretta in base a un progetto orientativo che mi ha portato dritto al pronto soccorso, inteso come location... Lì trovo due infermieri che si concedevano una pausa fumo... Abituati ai visitatori smarriti, uno più sadico e local mi proponeva di rifare tutto il percorso in nome del rispetto non so più di quale codice deontologico, l'altro straniero mi ha suggerito il percorso più breve anche se non canonico: «Entri da quella porticina e in fondo a destra...».
Sono di nuovo in terrazza, ma non posso pagare il parcheggio, chiedo informazioni... Scendo. Cartelli di uscita ad ogni angolo che non distinguono tra pedoni e vetture... Scendo? No, qui salgono le macchine – ... Sant'Antone de la barba bianca... – finalmente guadagno l'uscita, ma come pagare? Lascio la vettura en bas e cerco la «macchinetta»... Ndo sarala pò...
Qui ammetto che i responsabili di turno, già al corrente di simili cacce al tesoro, avevano appiccicato bigliettini scritti al computer con l'indicazione del piano dove avremmo dovuto trovare la cassa. Raggiungo l'obiettivo e vorrei fornire al responsabile qualche suggerimento, ma il poverino è video collegato con un signore che non riesce più a far sollevare la sbarra di una delle uscite. Io invece sono stato più fortunato.
Per consolarmi mi dico: «Ma al San Raffaele sono andato e tornato tante volte senza problemi e mi pare una struttura più gigantesca...». Un auspicio ce l'avrei. All'ingresso del Giovanni XXIII vorrei che non si fosse costretti a collocare l'iscrizione: «Lasciate ogni speranza voi ch'entrate».
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