Cronaca / Val Calepio e Sebino
Venerdì 08 Marzo 2013
La 'ndrangheta e gli usurai
sotto le ceneri dell'ex colonia
Se lo ricordano ancora tutti qui a Vigolo l'ingegner Augusto Agostino, che oggi con la sua famiglia al termine di un lungo calvario vive sotto protezione in un luogo segreto, dopo aver raccontato alla magistratura come la 'ndrangheta l'ha prima corteggiato e poi rovinato.
Se lo ricordano ancora tutti qui a Vigolo l'ingegner Augusto Agostino, che oggi con la sua famiglia al termine di un lungo calvario vive sotto protezione in un luogo segreto, dopo aver raccontato alla magistratura come la 'ndrangheta l'ha prima corteggiato e poi rovinato, trasformando il suo impero in «cosa loro».
Le cosche calabresi puntavano a mettere le mani sulle case di cura che l'imprenditore milanese stava costruendo in Lombardia, per fare il grande salto nel mondo della sanità regionale. Tra queste Rsa c'era l'ex colonia. Anzi, come Agostino stesso ha dichiarato davanti ai magistrati, «è dalla Rsa di Vigolo, sul lago d'Iseo, che è partito tutto».
Nel piccolo paese vista lago è il 2007 e al termine di una lunga trattativa festeggiata come il sol dell'avvenir, arriva Agostino. Nel corso di un'affollatissima assemblea pubblica promossa dall'amministrazione comunale allora guidata dall'ex sindaco Giuseppe Bettoni, dirigente dell'Asl di Bergamo, racconta il futuro dell'ex colonia delle suore Orsoline di Gandino che la «Makeall spa» aveva acquistato nel 2002 con l'obiettivo di trasformarla in una struttura socio-assistenziale privata.
Sui 15 mila metri quadrati del mostro a cinque piani avrebbero dovuto spalmarsi una comunità psichiatrica con 37 posti letto, un'altra di 34 per la cura dei disturbi alimentari e una residenza per 77 anziani non autosufficienti: 148 posti letto e la promessa di 120 posti di lavoro, attorno a cui avrebbe praticamente ruotato la vita dei circa 700 abitanti di Vigolo, in gran parte costretti a lasciare il paese per cercare un impiego. Si sarebbe chiamata «Il segno della fenice» e l'ex colonia sarebbe risorta con un investimento di 10 milioni di euro, esclusi arredi e attrezzature.
Quella fenice non è mai risorta e a Vigolo è rimasta solo la cenere: un ecomostro cadente e fatiscente in mezzo al paese, il cui destino è fuor di dubbio segnato. Finita nel fallimento della «Makeall spa» e poi passata di mano alla srl «Il segno della fenice», è già andata una prima volta all'asta giudiziaria per circa 6 milioni di euro senza successo. Chi vorrà mai ricomprarsi il mostruoso colosso di cemento che avvinghia la chiesa parrocchiale, sovrastandola? E per farne cosa?
Leggi le due pagine dedicate all'argomento su L'Eco di venerdì 8 marzo
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