Stop alle auto. Con eccezioni
Schilpario, «il cartello ci danneggia»

Da qualche mese sulla strada che porta a Pradella, frazione di Schilpario, campeggia un grande cartello giallo, con un chiaro simbolo di divieto di transito. Un divieto sul quale qui in tanti ora si interrogano.

Da qualche mese sulla strada che porta a Pradella, frazione di Schilpario, campeggia un grande cartello giallo, con un chiaro simbolo di divieto di transito. Un divieto sul quale qui in tanti ora si interrogano. Era il 20 novembre quando la prima ordinanza che decretava la chiusura del tratto stradale tra Schilpario e Pradella arrivava negli uffici comunali scalvini. La chiusura, che doveva essere totale, era stata dichiarata a causa delle pessime condizioni della carreggiata, che lentamente sta scivolando a valle.

Le reazioni però non si erano fatte attendere. I sindaci di Schilpario e Azzone, i due comuni collegati dalla strada, si erano subito recati a Bergamo per cercare di salvare il salvabile. E qualcosa avevano ottenuto.

Dopo qualche giorno, precisamente il 28 novembre, la Provincia aveva infatti sospeso il primo divieto, istituendone uno nuovo. Il transito veniva vietato a tutti coloro che non erano compresi in quattro particolari categorie: i residenti nei paesi di Schilpario e Azzone, gli utenti di attività turistiche e commerciali, i trasporti pubblici e i servizi di interesse pubblico. Un divieto che, hanno fatto notare alcuni residenti, diceva tutto e niente, pensato però per tutelare sia la sicurezza dei cittadini che di non andare a ledere gli interessi, anche commerciali, del piccolo paese.

«La chiusura di questa strada – dice Bartolomea Tagliaferri, che insieme ai famigliari gestisce l'Albergo San Marco, proprio a Pradella – ci sta penalizzando. È vero che il divieto di transito non coinvolge coloro che vengono ospitati nella nostra struttura, ma è anche vero che spesso la gente si ferma quando vede il cartello. È la prima cosa che colpisce l'attenzione, nessuno sta a leggere le indicazioni che ci sono scritte sotto. Noi ne abbiamo pagato le conseguenze nella stagione invernale e ora ci chiediamo se non si possa fare qualcosa per risolvere questa situazione».

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