Brunetta a Bergamo: lo spread?
«Il vero problema è lo sviluppo»

«Abbiamo capito l'imbroglio». Beato chi non ha dubbi, e Renato Brunetta pare averne pochini su spread e dintorni. Allineandosi in sostanza al «chissenefrega» sul tema di Silvio Berlusconi.

«Abbiamo capito l'imbroglio». Beato chi non ha dubbi, e Renato Brunetta pare averne pochini su spread e dintorni. Allineandosi in sostanza al «chissenefrega» sul tema di Silvio Berlusconi. L'ex ministro per la Pubblica amministrazione arriva al Centro Congressi Giovanni XXIII per presentare la sua ultima fatica letteraria («Il grande imbroglio 2») alla platea pidiellina, presentato da Gregorio Fontana - deputato di prossima rielezione - e dal commissario provinciale Giorgio Jannone. Prima si concede ai giornalisti, con una certa qual soddisfazione «perché siamo stati noi a dettare i temi della campagna elettorale. Imu, defiscalizzazione, eccetera... Qualcuno si ricorda qualcosa del programma di Monti o Bersani?». In compenso di Berlusconi ci si ricorda lo spread sull'esplosivo andante nelle convulse settimane prima delle dimissioni del novembre 2011: «Solo mal di pancia interni alla costruzione di una moneta unica. I problemi veri sono altri» replica Brunetta.

Nello specifico, una certa qual tendenza europea «a fare come i capponi di Renzo. Tra due giorni si apre a Mosca un G20 sui cambi, quella è la vera partita, mica lo spread. Qui si parla di svalutazione competitiva e l'Eurozona è come sempre in controtendenza. Altro che spread, quello è un pretesto per fare altro...». Se non fosse che su quella parolina ormai entrata nel lessico comune, il Berlusconi ter si è giocato Palazzo Chigi: «La speculazione è stata conseguenza della nostra debolezza politica» spiega l'ex ministro. Che avrebbe natali lontani: «Dalla rottura con Fini che ci ha reso vulnerabili sui mercati. E vittime della politica lacrime e sangue della Germania. Ma l'abbiamo capito adesso, perché quando siamo andati al governo nel 2008 non l'aveva capito né Berlusconi né Tremonti: non a caso avevamo accettato una linea del rigore che ci era valsa critiche da parte del centrosinistra».

Per saperne di più leggi L'Eco di Bergamo del 13 febbraio

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