«Ho visto l'arcobaleno in cielo
Mi son detto: arriva il mio cuore»

Daniele ha solo 8 anni, e già una valigia di esperienze: dal febbraio 2012 vive in ospedale e da ottobre ha un cuore nuovo. E con quel cuore nuovo ha anche vissuto l'esperienza del trasloco dai vecchi Ospedali Riuniti al nuovissimo Papa Giovanni XXIII.

Daniele ha solo 8 anni, e già una valigia di esperienze: dal febbraio 2012 vive in ospedale, a Bergamo, e da ottobre ha un cuore nuovo, e con quel cuore nuovo ha anche vissuto l'esperienza del trasloco dai vecchi Ospedali Riuniti al nuovissimo Papa Giovanni XXIII.

Dalla sua stanza color malva guarda il cielo che promette neve, e ricorda: «Il giorno prima del trapianto ero nella mia stanza dell'ospedale, quello vecchio, e stavo guardando il cielo, proprio come adesso. Allora però ero attaccato a quella macchina che mi aiutava a vivere, il Berlin Heart: mentre guardavo il cielo ho visto l'arcobaleno. E l'ho detto subito a mamma: questo arcobaleno è il cuore per me che sta arrivando. È il mio desiderio, vedrai, sarò accontentato».

Ed è stato così: Daniele il giorno dopo, il 16 ottobre, è stato sottoposto a trapianto: oggi sta facendo un ulteriore sforzo, con il suo fisico da ragazzino e il suo animo da adulto, per debellare una reazione da rigetto. «Non sappiamo quando potremo tornare a casa, ma stiamo affrontando questa esperienza circondati dall'affetto dei medici, degli infermieri, degli altri degenti, di tutto il personale di questo ospedale. Da un anno la nostra famiglia sta vivendo qui dentro: ci hanno fatto sentire a casa».

Non è un modo di dire, quello di Francesca Lucianò, 32 anni e Giuseppe Ricci, 40, genitori di Daniele: per loro, l'Azienda ospedaliera di Bergamo, è proprio «casa»: «Qui Daniele ha frequentato la seconda e terza elementare, ha imparato a suonare il pianoforte, e ha visto nascere la sua terza sorellina. Quando è stato ricoverato ero già incinta di 7 mesi, ed ero in stanza con lui, quando ho avuto le doglie. Ed è stato lui a chiamare le infermiere: venite, la mamma non sta bene, ha detto. Dopo pochi minuti ero in sala parto, ed è nata Nicole». Che ora, a 10 mesi, gioca con il fratello Daniele sul letto.

«È cominciato tutto a fine gennaio del 2012 ? racconta Giuseppe, lattaio, «ma ora sono in congedo parentale, abbiamo altre tre figlie a cui badare (Nicole, appunto, di 10 mesi, Aurora, 7 anni e Asia, 5 ndr) ? . Eravamo a casa nostra a Figino Serenza, in provincia di Como, e Daniele non si sentiva bene, tremava, vomitava. Il pediatra ci aveva detto di lasciarlo a casa da scuola qualche giorno e di non mandarlo a minibasket. Ma il malessere non è passato, mia moglie un pomeriggio si è accorta che il cuore di Daniele batteva a una velocità spaventosa, e lo abbiamo portato in ospedale, a Cantù. I medici ci hanno subito spiegato che c'era qualcosa che non andava al cuore e che Daniele doveva essere trasferito a Bergamo, ai Riuniti».

Da Largo Barozzi la diagnosi arriva subito: miocardiopatia. Le prime cure farmacologiche non aiutano Daniele a recuperare, l'unica speranza di sopravvivenza è un sistema di assistenza ventricolare meccanica tipo Excor Berlin Heart. Insomma, un cuore artificiale, paracorporeo, che però per le sue caratteristiche tecniche non può essere gestito fuori dall'ambiente ospedaliero.

Daniele ha vissuto, in attesa di un cuore nuovo, attaccato al Berlin Heart per 8 mesi. «Negli ultimi 3 anni questa tecnologia è stata utilizzata per oltre 200 casi. Ai Riuniti ne abbiamo applicati 4 e gestiti altri due, su bambini che avevano avuto l'applicazione del macchinario nei loro Paesi, ma lì non potevano essere trapiantati ? sottolinea il cardiochirurgo Amedeo Terzi ? . Il piccolo è rimasto con il Berlin Heart fino al trapianto. Ed è importante che abbia mantenuto in quei difficili 8 mesi e dopo il trapianto anche un buon equilibrio psicologico ed emotivo: è stato possibile grazie a tutto il personale ospedaliero, alle insegnanti, ai volontari».

E nei corridoi della torre 5, al secondo piano, oggi mentre ci si avvicina alla sua stanza risuonano le melodie di Mozart: è Daniele che si esercita su una tastiera. «È molto portato per la musica, e fino a un anno fa non sapeva neppure leggere il pentagramma ? spiega Bianca Maria Foschi, insegnante della "scuola in ospedale" che fa capo all'Istituto comprensivo Nullo ? . Io sono anche diplomata in pianoforte e ho pensato di attivare con lui il programma "Magia di tasti", musicoterapia per i lungodegenti. Con Daniele è stato un successo: proprio per metà ottobre avevamo organizzato un saggio di pianoforte». E Daniele accorre: «Ecco, guardi l'invito. Non si è fatto, perché qualche giorno prima è arrivato l'arcobaleno e mi ha portato il cuore nuovo. E non ho avuto paura del trapianto: ho salutato tutti dalla barella, c'erano anche gli altri malati a incoraggiarmi. E ora sto bene».

Sulla porta si affaccia un'infermiera: «Allora, Daniele, mi suoni quel pezzo che mi piace?». Le richieste arrivano anche dalle altre stanze. «Daniele è ormai una mascotte. E noi qui abbiamo trovato una grande famiglia ? si commuovono Francesca e Giuseppe ? .Non vogliamo ringraziare solo i medici che hanno salvato la vita di Daniele (in sala operatoria c'erano i cardiochirurghi Amedeo Terzi, Maurizio Merlo e Caterina Simon, il prelievo fatto da Francesco Innocente ndr) e quelli che lo hanno seguito prima e dopo il trapianto (Alessandra Fontana, Attilio Iacovoni e Roberta Sebastiani ndr), non solo tutti gli infermieri e gli assistenti, ma anche gli altri degenti. "È arrivato il cuore? Daniele ce la farà, vedrete", venivano a dirci. E ce l'ha fatta. Grazie a tutti».

Carmen Tancredi

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