Covo, la truffa delle moto
Iter internazionale per riaverle

Le denunce sfiorano ormai quota cento e le persone che si sono viste sottrarre la propria moto - in circostanze che la procura sta cercando di chiarire - dall'ormai ex «Angolo della moto» di Covo ora puntano i piedi e chiedono giustizia.

Le denunce sfiorano ormai quota cento e le persone che si sono viste sottrarre la propria moto - in circostanze che la procura sta cercando di chiarire - dall'ormai ex «Angolo della moto» di Covo ora puntano i piedi e chiedono giustizia.

Dopo diversi sit-in fuori dal punto vendita della Bassa, un servizio-denuncia di «Striscia la notizia» e la minaccia di organizzare una class action contro i proprietari del negozio, ora la maggior parte delle vittime - una settantina - ha avviato una procedura internazionale per chiede la restituzione delle moto che, secondo quanto ricostruito, i titolari dell'«Angolo della moto» avrebbero venduto a un concessionario tedesco di Monaco di Baviera senza però poi dare nulla ai legittimi proprietari dei bolidi, che li avevano affidati al negozio con la formula del conto vendita.

«Abbiamo avviato questa procedura – spiega l'avvocato Sergio Calvetti, che rappresenta appunto una settantina dei presunti truffati – per chiedere che vengano restituite le moto che si trovano al confine, al concessionario tedesco o da quest'ultimo già rivendute. La richiesta internazionale è stata inviata alla procura di Bergamo e alla corte di Monaco di Baviera. Mi auguro che si muovano un po' le acque, perché la procura di Bergamo si sta rivelando piuttosto lenta su questa indagine che coinvolge davvero tante persone».

Sembra che il commerciante di Monaco fosse del tutto in buona fede e che abbia pagato i bolidi in maniera regolare: alcune moto, però, erano state spedite in Germania ancor prima che venissero radiate dal registro in Italia, come hanno riferito alcune delle vittime, le quali si erano viste radiare la moto prima che consegnassero il relativo certificato di proprietà.

A questa obiezione il commerciante tedesco - che a fine 2012 era stato a Covo e aveva incontrato alcune delle vittime - aveva risposto di essersi accontentato, per il trasporto, della fotocopia del libretto di circolazione.

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