Nuovo ospedale: alla «Marianna»
i due bar dell'hospital street

Non è stato facile perché in competizione c'erano ben 19 aziende, ma alla fine la gara d'appalto per la gestione dei bar e del ristorante aperti al pubblico all'interno del nuovo ospedale lo hanno vinto loro, i Panattoni della «Marianna».

Non è stato facile perché in competizione c'erano ben 19 aziende tra le quali importanti nomi del catering a livello nazionale, ma alla fine la gara d'appalto per la gestione dei bar e del ristorante aperti al pubblico all'interno del nuovo ospedale lo hanno vinto loro, i Panattoni della «Marianna».

Dopo l'aeroporto, la griffe nata in Città Alta per merito di Enrico Panattoni negli anni Cinquanta, si aggiudica quindi un'altra attività dal grande potenziale (si stimano tra gli 8 e i 9 mila frequentatori giornalieri). Il primo bar, il più capiente, quello nella zona dell'ingresso a est, aprirà il prossimo 15 gennaio; ne seguirà un altro, più piccolo dalla parte diametralmente opposta; quindi, presumibilmente entro aprile, sarà la volta del ristorante.

A occuparsene direttamente, almeno in via di start up e comunque per tutto il 2013, sarà il più giovane dei fratelli Panattoni, Mirko, da molti anni impegnato nella conduzione del ristorante di famiglia in Colle Aperto. Probabilmente in vista della nuova opportunità che si stava materializzando, recentemente la sua presenza alla sede storica non era così assidua come un tempo.

Oltre ai lavori preliminari per la partecipazione al bando c'era infatti da seguire il nuovo grande moderno laboratorio che da alcuni giorni è operativo proprio nei pressi del nuovo ospedale (è sulla Briantea in comune di Curno). Ci saranno circa 35 addetti, la metà dei quali entreranno in gioco quando verrà aperto il ristorante (150 coperti e un dehor estivo in giardino). E presto l'hospital street del Papa Giovanni XXIII potrà anche diventare una «via dello shopping» con due bar, un self service, un punto vendita di quotidiani e la farmacia.

Leggi le due pagine dedicate al nuovo ospedale su L'Eco di domenica 6 gennaio

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