Mohamede dona i suoi organi
Il papà: «Ho già firmato le carte»

Per il piccolo Mohamede non ci sono ormai più speranze, tanto che il papà ha confermato di aver già firmato l'autorizzazione per il prelievo degli organi. Il bimbo, ricoverato al San Raffaele, è rimasto attaccato alle macchine per il periodo di osservazione.

Per il piccolo Mohamede non ci sono ormai più speranze, tanto che il papà ha confermato di aver già firmato nel primo pomeriggio di sabato l'autorizzazione per il prelievo degli organi. Il bimbo, ricoverato al San Raffaele di Milano dopo che la madre lo ha trascinato nelle acque gelide dell'Adda durante un tentativo di suicidio, è rimasto attaccato alle macchine che lo hanno tenuto in vita per il periodo di osservazione sulla morte cerebrale previsto dalla legge.

Intanto però la tragica vicenda, che ha visto protagonista la mamma del bimbo, si arricchisce di particolari che fanno capire lo stato d'animo della donna. Dahinatou Lengane, 36 anni del Burkina Faso e residente a Mozzanica, giovedì pomeriggio ha tentato di togliersi la vita insieme al suo bimbo nelle acque dell'Adda, a Truccazzano (Milano). Ora è ricoverata nel reparto psichiatrico dell'ospedale di Melzo.

Più volte la donna aveva manifestato il suo disagio, legato molto probabilmente alla mancanza di un lavoro e all'incertezze del rapporto col suo attuale compagno, un senegalese ora disoccupato dal quale aveva avuto Mohamede 15 mesi fa. Con lui conviveva tra alti e bassi nella sua abitazione di in via Roma, dove si era trasferita nel 2008 da Casirate.

Qui era giunta dal Burkina Faso insieme al primo marito e ai loro due figli, maschio e femmina, che il tribunale dei minori le aveva poi tolto, dopo il divorzio dal coniuge. Dahinatou Lengane aveva cercato di ricominciare con determinazione, anche dopo il fallimento della convivenza col suo attuale compagno, pensando prima di tutto al suo bambino e decidendo di portarlo dai suoi familiari in Burkina Faso.

La scelta del viaggio verso il suo Paese d'origine l'aveva presa la scorsa settimana, ma poi tutto si era arenato in quel gesto drammatico che non ha ancora una spiegazione certa. Sabato mattina, con partenza alle 6,30 dall'aeroporto internazionale di Milano Malpensa, Dahinatou Lengane e il figlioletto Mohamed sarebbero volati alla volta del Burkina Faso.

Un viaggio su un aereo della Bruxelles Airlines per atterrare a Ouagadougou. Un viaggio già compiuto dalla donna e dal bambino la scorsa estate: anche allora l'intento era quello di lasciare Mohamede ai familiari, ma il piccolo alla fine tornò insieme alla mamma. Da quel momento il calvario della donna è ricominciato.

Il 4 novembre la decisione di riprovare a portarlo in Africa. A raccontarlo è stato Ibrahim Ismail, titolare egiziano dell'agenzia viaggi dentro la stazione ferroviaria Ovest di Treviglio: «Era stata qui da me poco prima delle 15 per saldare il conto di 740 euro, il prezzo di due biglietti d'andata e quello di ritorno solo per lei. Aveva detto con orgoglio che non voleva avere debiti, anche perché già in ritardo con il pagamento di tre rate del mutuo della casa».

Il primo pagamento avvenuto il 4 novembre era stato in contanti, quello di giovedì con il bancomat. Dalla ricevuta dell'avvenuto saldo risulta che la transazione è stata effettuata esattamente alle 14,53. «Si vedeva che era agitata, abbattuta e nervosa. Aveva fasciato a sé il piccolo Mohamede e si è messa a singhiozzare - ricorda l'egiziano -, dicendo che partiva per lasciare laggiù il bambino e garantirgli un futuro migliore. Mi ha raccontato del divorzio e degli altri suoi figli, di essere disoccupata e di avere problemi col suo attuale compagno. Non mi è rimasto che augurarle che la sua vita potesse essere più felice». Purtroppo però tutto è finito in tragedia.

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