Pdl, non tutti con Formigoni
4 consiglieri aprono la fronda

Non tutti i consiglieri regionali lombardi del Pdl stanno con Roberto Formigoni. Il fronte - non esteso ma che rischia di allargarsi - si è aperto mercoledì, quando alla riunione con il governatore sono state «formalizzate» al capogruppo Paolo Valentini le dimissioni in bianco.

Non tutti i consiglieri regionali lombardi del Pdl stanno con Roberto Formigoni. Il fronte - non esteso ma che rischia di allargarsi - si è aperto mercoledì, quando alla riunione con il governatore sono state «formalizzate» al capogruppo Paolo Valentini le dimissioni in bianco che, nelle intenzioni di Formigoni, serviranno a far sciogliere il Consiglio giovedì 25 ottobre, dopo la seduta sulla riforma elettorale.

Angelo Giammario, Gianluca Rinaldin e Paola Camillo non hanno però accettato. Massimo Buscemi era assente, solo in serata ha fatto sapere che firmerà. L'ex assessore Stefano Maullu ha invece ritirato la sua adesione. Calcolando che nemmeno Formigoni ha messo a disposizione le sue dimissioni (per questioni di ruolo), così come Domenico Zambetti (in carcere), ci sono 23 firme (inclusa quella di Nicole Minetti) su 29, che pur lasciando un ampio margine indicano che non sarà facile orientare in modo compatto il gruppo del Pdl.

I critici parlano di una «eccessiva fretta» da parte di Formigoni di liquidare la legislatura per votare a Natale. «A fronte di una volontà suicida più simile ai kamikaze di Bin Laden che al pensiero moderato e anche cattolico, a cui molti dicono di ispirarsi - ha scritto Giammario in una lettera - ho detto di no. Abbiamo fatto la legge elettorale? Si è formata la Giunta tecnica? È stato rispettato l'accordo con Maroni e Alfano? No! No! No!».

Maullu ha chiesto che Formigoni «si prenda le sue responsabilità politiche: si dimetta lui», accelerare «non serve a nulla, se ne occupi il partito a livello nazionale e trovi la soluzione migliore». Diversi consiglieri del Pdl pensano, infatti, che la linea del partito non sia esattamente quella di Formigoni, dunque attendono di capire come comportarsi quando (e se) chiamati a depositare per davvero le loro dimissioni. A quel punto, stando ai rumors seguiti a telefonate che sarebbero arrivate dai vari referenti nazionali anche per raccomandarsi di non creare tensioni con la Lega, il fronte - soprattutto fra i 'laicì - potrebbe essere più ampio.

Di firme, «ce ne servivano almeno 14, dunque ne abbiamo in abbondanza», si è detto sicuro il capogruppo Paolo Valentini, pensando ai 28 consiglieri di opposizione che hanno già messo a disposizione le loro dimissioni.

Alessandro Franzi
(ANSA).

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