L'intervista: monsignor Gervasoni
«Per la città una nuova identità»

«Costruire un'identità forte della comunità cristiana cittadina con una passione per il futuro e valorizzare i giovani». Sono le due colonne sulle quali monsignor Maurizio Gervasoni intende costruire il nuovo vicariato di Bergamo.

«Costruire un'identità forte della comunità cristiana cittadina con una passione per il futuro e valorizzare i giovani come interpreti di questa nuova stagione di cristianesimo». Sono le due colonne sulle quali monsignor Maurizio Gervasoni intende costruire il nuovo vicariato di Bergamo, una novità assoluta per la Chiesa locale, che guiderà come vicario episcopale insieme al nuovo ruolo di parroco di Santa Lucia. L'ingresso in parrocchia sabato 29 settembre con la Messa delle 18 presieduta dal vescovo Francesco Beschi.

Monsignore, lei è stato nominato dal vescovo Beschi vicario episcopale della città. Quali saranno i suoi compiti?
«Il primo compito è quello di contribuire a creare un'identità cristiana e un coordinamento pastorale della realtà ecclesiale della città».

Su quali temi?
«Di sicuro sulla carità. Bisogna fare in modo che tutti gli enti ecclesiastici della città abbiano un'attenzione privilegiata ai poveri e abbiano una metodica d'intervento pastorale condivisa e sostenuta in modo unitario».

La città sta invecchiando e i giovani faticano a trovare i loro spazi. Come intende affrontare questo ambito?
«Le attività educative degli oratori dovrebbero avere un momento di confronto unitario, di ottimizzazione delle risorse. Stesso discorso per il percorso ai sacramenti. Ma anche l'ambito della scuola, nella misura in cui contribuisce a generare un'identità cittadina a livello anche cristiano, dovrebbe essere coordinato».

Il vicario episcopale farà anche da riferimento per le istituzioni?
«Lo scopo primario è sempre il dialogo. Le istituzioni pubbliche avranno come referente unitario il vicario episcopale della città senza eliminare le autonomie delle parrocchie. Io non sostituisco la parrocchia, ma autorizzo alcune attività».

Lei diventa anche parroco di Santa Lucia. Sarà lì la sede del vicariato cittadino?
«Una delle prime cose da individuare sarà la sede. Per ora c'è solo un ufficio di curia per le questioni che vengono attribuite a me per le pratiche relative alla città ma non è la sede del vicario episcopale della città».

Chi convocherà per primo?
«I tre vicari della città ma devo attendere la nomina del vicario che sostituirà monsignor Attilio Bianchi. Quando ci saranno tutti e tre, inizierò da loro e valuterò le loro proposte».

Ma saranno coinvolti anche i laici?
«Certamente sì».

Favorirà le unità pastorali?
«Il vicariato che guiderò io non è preludio di un'unità pastorale della città. Ma può prevedere la nascita di una o più unità pastorali».

E gli oratori? In città, diversamente dai paesi, i ragazzi hanno molti spazi dove incontrarsi e l'oratorio non è il primo riferimento. Cosa intende fare?
«Se i ragazzi hanno identità di appartenenza di un certo tipo, noi dobbiamo interpretarle e percorrerle. Qui in città gli adolescenti si spostano facilmente, allora bisogna andare dietro agli adolescenti e non tanto arricchire le strutture parrocchiali statiche e territoriali».

Bergamo ha sempre avuto un'identità forte ma adesso non le sembra che l'abbia smarrita?
«Mentre prima l'identità scaturiva dal vissuto ed era percepita più che tematizzata, adesso la composizione della popolazione della città di Bergamo è molto frammentata. E culturalmente non più unitaria. Quindi paradossalmente il problema dell'identità è emerso e non è più sentita come ovvia. Ancora la sentiamo poco, ma francamente è un errore grave. Perché con gli immigrati di seconda e terza generazione questo verrà fuori».

Come possiamo cambiare?
«La comunità cristiana di Bergamo, secondo me, deve aiutare la città a farsi la sua nuova identità civica. Dando un contributo con il nostro punto di vista, con stile di laicità e democrazia alla creazione di valori, di orientamenti e di modi di vita unitari».

Ma come fanno i cattolici a dare un'identità alla città se sono sempre meno?
«Diminuendo la comunità cattolica non ha più l'influsso e la fama che aveva prima, quindi dovrà necessariamente rielaborare la propria identità e rimetterla in gioco con gli altri. Il vicario della città serve anche per questa cosa, è un cambiamento culturale molto forte, non possiamo lasciarla andare da sola».

Sgombriamo i dubbi. Non è che il vicario della città si mette a far politica?
«Assolutamente no. Il vicario non deve far politica, ma deve stimolare le comunità cristiane di Bergamo perché si impegnino nella vita sociale e quindi aiutino all'elaborazione di linee politiche che non devono fare però gli enti ecclesiastici».

Bergamo non è un po' disimpegnata e sempre più polemica?
«Disimpegnata mi sembra un po' eccessivo, le comunità cristiane non sono disimpegnate, il problema è: sono impegnati in che cosa? Per quanto riguarda le polemiche, va sottolineato che una cultura come la nostra che non ha assimilato a livello etico e affettivo alcuni valori condivisi sentiti come unitari, porta alla conflittualità esasperata, quindi alla polemica».

Quale è la problematica più grossa che dovrà affrontare nella Chiesa cittadina?
«In città si deve assimilare la metodica pastorale che in questi anni abbiamo portato avanti e che il sinodo ha interpretato, una programmazione pastorale condivisa, cioè rendere le nostre parrocchie delle comunità vive che sappiano programmare tra di loro e nei confronti della città. Cioè avere una maggior consapevolezza delle risorse e delle potenzialità che l'azione cristiana ha di dare modelli di vita che siano di riferimento per tutti, stimolando la libertà di tutti. Tenendo conto che già molto si è fatto».

Come pensa di ridare slancio alla pastorale cittadina?
«Investendo molto di più sui giovani. Loro l'identità affettiva forte ce l'hanno spontaneamente per la loro età, bisogna aiutarli a condividere i valori forti critici ma che impegnino la loro vita e che possano diventare protagonisti nel futuro della nostra città, cosa che mi sembra un po' spenta, ma non per colpa loro».

In città bisogna anche uscire dalla realtà della parrocchia...
«Necessariamente perché la vita non si svolge più solo in parrocchia ma prevalentemente fuori per cui questa attenzione è fondamentale».

Fra un anno e mezzo si voterà per il Comune. Il vicariato cittadino sarà un forte elemento propositivo?
«Se fosse così metterei la firma. Nel senso che se fosse così contraddiremmo quello detto finora. Che la comunità cristiana abbia una identità già così plasmata da dare orientamenti mi sembra non corrispondente alla realtà. Rispondo con quello che dice il magistero della Chiesa: cattolici tornate a impegnarvi in politica. Auspicherei che tra un anno e mezzo la nostra comunità cristiana di Bergamo possa dare un contributo forte, non invasivo e non lesivo delle autonomie, ma interessante su questo campo».

Non c'è speranza per l'unità dei cattolici?
«Allo stato attuale ho la sensazione che il mondo cattolico sia un po' disperso, sfilacciato. Anche perché attualmente il quadro politico dei cittadini di Bergamo risente di quello che io sintetizzerei con Monti-bis, la percezione della consistenza dei partiti politici tradizionali è piuttosto bassa. Anche Bergamo mi sembra così, non giudico Tentorio, Bruni o un eventuale governo Lega. Noto solo che c'è smarrimento».

Bruno Bonassi

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