L'eredità di Renato Possenti
notizie, rigore e compassione

A cinque anni dalla morte, il giornalista Renato Possenti viene ricordato con la celebrazione di tre Messe: oggi e giovedì, entrambe alle ore 18, nella chiesa parrocchiale di San Paolo Apostolo a Bergamo, e sabato 22, alle 17,15, nella chiesa di San Giuseppe a Treviglio.

A cinque anni dalla morte, il giornalista Renato Possenti viene ricordato con la celebrazione di tre Messe: oggi e giovedì, entrambe alle ore 18, nella chiesa parrocchiale di San Paolo Apostolo a Bergamo, e sabato 22, alle 17,15, nella chiesa di San Giuseppe a Treviglio.

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Il tempo, una meteora. Come i cinque anni dalla morte di Renato Possenti, già capocronista de «L'Eco di Bergamo», mio carissimo fratello maggiore nella vita e nel medesimo giornale. Morì il 18 settembre 2007, compianto per le vistose tracce di bene e di galantomismo lasciate. Eppure sembra davvero - per i familiari e per i molti amici, colleghi e compagni di lavoro - che quell'addio sia avvenuto ieri, una sorta di arrivederci come se Renato fosse fra noi con la sua amabile ed ironica conversazione in famiglia e lo stile inconfondibile di Maestro di giornalismo.

Nella redazione de «L'Eco» di quegli anni - fra il 1952 e il 1993 - era il collega più apprezzato e frequentato: ognuno gli si rivolgeva come ad un fratello, a cominciare dal direttore Andrea Spada che per Renato nutriva la predilezione riservata all'uomo equilibrato, competente, capace di muoversi con sensibilità e misura nel complesso mondo delle notizie. In tutti i giornali - alla scrivania di un lavoro logorante da svolgere con umanità, attenzione e rispetto - operano figure che spesso restano vive nella storia redazionale, non quali miti - pur se talvolta accade : ad esempio don Spada - piuttosto quali punti essenziali di riferimento. Renato era uno di costoro, riservato nel dire ed entusiasmante nei rapporti con i cronisti, per farne dei leader consapevoli di fronte alla notizia, regina dell'informazione.

Avendogli lavorato accanto, per oltre trent'anni, in due uffici contigui - Renato in quello della Cronaca cittadina, nella quale coordinava, guidava e suggeriva ora per ora, fino a tarda notte, il ruspante succedersi dei servizi e il loro legame con l'interesse dei lettori, il sottoscritto in quello della Provincia a tu per tu con le realtà composite di un territorio in costante andirivieni di fatti - so con quanta dedizione - ben al di là di quella contrattuale e di responsabilità definita gerarchicamente - lavorasse «per il suo Eco». Con ardore e tenace volontà, per evitare «buchi» - una «maledizione» per ogni giornalista che si rispetti - e servire il pubblico con presenza puntuale. Mentre stimolava i cronisti a non lasciarsi sedurre né dai «si dice» né da «più tardi saprò» né ancor meno da «mi pare di aver capito», e chiedeva loro di tuffarsi nei fatti per disporne subito e al meglio e soprattutto per garantire la fisionomia sicura non pressapochista dell'informazione, lavorava con loro come un collega alle prime armi, esempio raro per un «capo».

Se «L'Eco di Bergamo» gli deve molto - anche per lo stile impresso alla cronaca sulla scorta delle indicazioni del direttore: limpidezza e completezza di esposizione, scrittura agile e non formale, gusto dei dettagli senza dimenticare la sostanza del fatto, quel che dovrebbe fare ogni buon cronista -, la città di Bergamo non può dimenticarne la lezione, di moralità nello scrivere di fronte alle tristezze quotidiane e di serenità nei momenti più duri. Renato è stato un giornalista di razza, umile, aperto, mai cattedratico: il suo spirito di cronista sapeva vivere parimenti la dimensione della gioia per un titolo e un testo appropriati e il silenzio interiore di rispetto nei confronti di tanti protagonisti, soprattutto in negativo, della cronaca quotidiana. Un testimone eclettico e generoso del suo tempo e delle amate Treviglio e Bergamo.

Amanzio Possenti

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