Boltiere, l'omicidio Gaspani
«doveva essere un'intimidazione»
Nessuna volontà di organizzare e mettere in atto un omicidio volontario premeditato: solo un'azione intimidatoria finita male. È quanto emerge dagli interrogatori in udienza preliminare dei quattro imputati a processo per l'omicidio di Mario Gaspani.
Nessuna volontà di organizzare e, tanto meno, mettere in atto un omicidio volontario premeditato: solo un'azione intimidatoria finita male a causa della colluttazione con la vittima.
È quanto emerge dagli interrogatori in udienza preliminare davanti al giudice Raffaella Mascarino, dei quattro imputati a processo per l'omicidio di Mario Gaspani.
Gaspani, 57 anni, era stato ucciso la sera del 26 marzo 2011 nella sua villa di via Donizetti a Boltiere: il suo corpo era poi stato spostato e abbandonato in una roggia a Osio Sotto.
Gli imputati sono la moglie della vittima, Stefania Colombo, 42 anni, l'amante di lei Salvatore Massaro Cenere, 45 anni e i due fratelli Salvatore e Bruno Antonio Luci.
La prima a parlare è stata proprio la moglie della vittima: secondo l'accusa sarebbe stata lei la mandante dell'omicidio. La donna di fatto ha confermato quella che già era la sua versione dei fatti: preoccupata dall'atteggiamento del marito, contro cui aveva già sporto una denuncia riferendo di più episodi di percosse, si sarebbe rivolta a Massaro e, tramite lui, ai due fratelli Luci per chiedere aiuto.
Contro il marito avrebbe però invocato solo un'azione dimostrativa, intimidatoria, non certo l'uccisione: dell'avvenuto omicidio si sarebbe resa conto solo quando si era recata nell'abitazione di Gaspani.
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