Cronaca
Mercoledì 02 Maggio 2012
Il vescovo con i lavoratori:
speranza, non rassegnazione
Speranza e fiducia: due parole ricorrenti martedì nella celebrazione eucaristica presieduta dal vescovo monsignor Francesco Beschi nel grande capannone del Mollificio Sant'Ambrogio a Cisano Bergamasco dove si sono riunite circa 800 persone.
Il tema del lavoro tocca tasti delicati in questa fase della storia del nostro Paese. Di crisi e di emergenza si sente parlare ogni giorno, ma in questo 1° maggio, appena trascorso, non si può non parlare di speranza e di fiducia nel futuro.
Speranza e fiducia: due parole ricorrenti martedì nella celebrazione eucaristica presieduta dal vescovo monsignor Francesco Beschi proprio all'interno di uno dei luoghi di lavoro, ovvero nel grande capannone del Mollificio Sant'Ambrogio a Cisano Bergamasco dove si sono riunite circa 800 persone.
Dopo la lettura del brano della Genesi sulla creazione del mondo e dell'uomo, monsignor Beschi ha sottolineato la missione affidata all'uomo in rapporto a tutto il creato. «La partecipazione dell'uomo all'opera creatrice di Dio è uno dei modi di concepire il lavoro da parte dei cristiani. Dignità del lavoro e dignità del riposo».
Sottolineando che «il rapporto tra fede e lavoro non è soltanto un fatto privato», il vescovo ha invitato a rifuggire la rassegnazione. «L'urgenza delle risposte alla crisi non deve farci sottovalutare le cause che l'hanno generata. Non possiamo dimenticare troppo velocemente ciò che ha determinato questa situazione o affidarla a meccanismi anonimi e intoccabili a cui rassegnarci».
Un breve intervento poi sul lavoro domenicale. «Occorre rivedere quali sono i valori in gioco rispetto ad una scelta piuttosto che a un'altra. Attorno al tema "Famiglia, lavoro e festa", che guiderà l'Incontro mondiale delle famiglie a Milano, si gioca il tema del lavoro. Non può esistere famiglia e lavoro senza festa, non solo come giorno del Signore, ma come momento in cui la comunità ritrova le ragione del vivere e dello sperare. Troppe volte ci siamo conformati a quelle logiche che idealmente rifiutiamo».
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