La dichiarano morta ma morta non è
«Sbagliano» il medico e il rianimatore

La dichiarano morta ma morta non è. E ora è ricoverata nel reparto di Rianimazione dei Riuniti di Bergamo in gravissime condizioni. Protagonista una donna di 69 anni che, dopo essersi sentita male nel suo appartamento, è stata dichiarata deceduta dal suo medico di base.

La dichiarano morta ma morta non è. E ora è ricoverata nel reparto di Rianimazione degli Ospedali Riuniti di Bergamo in gravissime condizioni. La protagonista di questa incredibile vicenda è una donna di 69 anni - alle prese con una grave malattia cronica - che, dopo essersi sentita male nel suo appartamento, è stata dichiarata deceduta sia dal proprio medico di base sia dal rianimatore del «118».

Il tutto è successo nel pomeriggio di lunedì 23 aprile. Sono circa le 16.20 quando la signora, residente in un appartamento di via Zambonate, dove vive sola, attiva un dispositivo di telesoccorso sul quale sono memorizzati anche i numeri di telefono del medico di famiglia e del 118. Ricevuta la chiamata, il medico lascia l'ambulatorio per raggiungere l'abitazione della donnna mentre la centrale operativa del 118 invia un equipaggio con un medico rianimatore, peraltro tra i più esperti del servizio.

Il medico e il personale del 118 si ritrovano così fuori dalla porta di ingresso, che però, chiusa a chiave dall'interno, impedisce l'accesso all'appartamento. Da qui la telefonata ai vigili del fuoco di Bergamo che raggiungono via Zambonate in pochi minuti e iniziano le operazione per consentire l'accesso dei soccorsi ai locali dove vive la donna.

Passano circa trenta minuti prima che la signora - alle prese con una sclerosi multipla e costretta su una carrozzella - riceva l'assistenza medica del 118. Il rianimatore trova la donna in assoluto arresto cardiorespiratorio, con il cuore privo di qualsiasi segno elettrico, e inizia la rianimazione - con tutti i farmaci del caso - protraendola per 30 minuti, al termine dei quali il cuore della 69enne sembra recuperare un minimo di attività elettrica. Almeno al monitor, perchè al tatto invece - toccando il punto in cui passa la  carotide - i medici non avvertono il ben che minimo segnale.

Stando così le cose, il medico di famiglia e il rianimatore si consultano sul da farsi e - insieme, consapevoli anche della grave malattia cronica di cui soffre la donna - condividono la scelta di interrompere la rianimazione.

La donna viene così ricomposta e adagiata sul proprio letto. Nel frattempo, nell'appartamento arrivano anche gli agenti della Polizia, allertati dal 118 proprio perché la donna vive sola. Prima di lasciare l'appartamento, il medico del 118 effettua la constatazione del decesso e poi se ne va.

Resta invece il medico di famiglia che, in base a quanto previsto dalla legge, provvede alla dichiarazione di morte e alla relativa compilazione dei documenti Istat, operazione che richiede almeno una mezz'ora.

Altri trenta minuti dopo, alla centrale del 118, arriva una nuova telefonata dall'appartamento della donna (dove nel frattempo era arrivato anche il personale di un'agenzia di pompe funebri), da dove si riferisce che la 69enne sembrerebbe avere qualche segno vitale. Ad accorgersene i due agenti della Volante arrivati poco prima, secondo i quali la donna aveva ripreso a respirare. I due l'avrebbero fatto notare al medico di famiglia della donna, sentendosi però rispondere che quello che vedevano erano spasmi conseguenti alle pratiche rianimatorie cui era stata sottoposta la 69enne. Ma gli spasmi non smettevano, da qui la telefonata al 118.

Lo stesso rianimatore che l'aveva assistita un'ora prima torna così in via Zambonate e riscontra flebili segni vitali, in particolare quello che i medici chiamano «gasping», un respiro terminale che segna non più di 4 - 5 atti (respiri) al minuto, oltre ad una bassissima pressione arteriosa, segno che comunque il cuore «pompa».

Da qui la decisione di far ripartire la rianimazione, utilizzando altri farmaci per stabilizzare la donna per poi trasferirla ai «Riuniti» dove ora si trova ricoverata in gravissime condizioni (e mantenuta in stato di ipotermia) nel reparto di Rianimazione, in prognosi riservata.
 
Solo mercoledì i medici cercheranno di «aprire una finestra neurologica» per capire se e quali danni abbia subito il cervello della donna, anche se - visto il perdurare dell'arresto cardiocircolatorio - le speranze di un esito positivo sono ridotte a un lumicino.

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