Niente «domiciliari» al maestro
Per ora un caso, ma violenze ripetute

Per ora di vittime accertate del maestro di Palosco arrestato per abusi su minori ce n'è una soltanto, l'alunno che si era confidato con i genitori e aveva fatto scattare l'indagine dei carabinieri di Martinengo.

Per ora di vittime accertate del maestro di Palosco arrestato per abusi su minori ce n'è una soltanto, l'alunno che si era confidato con i genitori e aveva fatto scattare l'indagine dei carabinieri di Martinengo.

Ma le violenze a suo danno da parte di A. M. sarebbero diverse: il primo caso, che aveva fatto scattare la denuncia dei genitori ai carabinieri, poi l'episodio di martedì ripreso dalle telecamere piazzate dagli stessi militari e culminato con l'arresto del sessantunenne, e pure altri casi di abuso, tutti avvenuti nel seminterrato delle elementari del paese, dove l'insegnante portava il bambino durante le lezioni.

Tuttavia gli inquirenti non escludono che il maestro possa aver compiuto le stesse violenze anche su altri bambini: questa nuova fase dell'indagine è ancora a uno stadio primordiale, ma alcuni genitori preoccupati si sarebbero già rivolti ai carabinieri per capire come muoversi e come leggere alcuni comportamenti sospetti dei loro figli.

La speranza di tutti è che non ci siano state altre vittime dell'insegnante, già sospeso dall'Ufficio scolastico provinciale e rinchiuso da martedì nel carcere di via Gleno a Bergamo. Intanto emergono nuovi dettagli sull'indagine che ha portato all'arresto. Dopo che i genitori avevano sporto, un mese fa, denuncia ai carabinieri di Martinengo, il bambino era stato ascoltato nel corso di un'«audizione protetta» dal sostituto procuratore Raffaella Latorraca, alla presenza di uno psicologo.

Durante l'interrogatorio di convalida di giovedì pomeriggio, in carcere a Bergamo, il legale difensore del docente, l'avvocato Adriana Vignoni del Foro di Brescia, ha chiesto per A. M. gli arresti domiciliari in una struttura protetta. Ma il gip Maccora ha respinto la richiesta, convalidando l'arresto e confermando invece la custodia cautelare in carcere per i gravi indizi di colpevolezza raccolti dai carabinieri nel filmato-prova, oltre che per il pericolo di reiterazione del reato e di inquinamento delle prove.

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